Corriere della Sera

Chiari & Forti al capolinea Malgara punta al concordato

Al gruppo faceva capo l’Olio Cuore. Il prestito sospeso da Las Vegas

- Massimo Sideri msideri@corriere.it

( «La Human Cooperatio­n è la proposta per una nuova cultura aziendale, fondata su valorizzaz­ione del talento, dialogo tra generi e generazion­i e un clima di ben-essere aziendale». Così Anna Zattoni, ( foto) direttore generale di Valore D, l’associazio­ne delle grandi imprese nate per sostenere la leadership, ha introdotto ieri la giornata di incontri sui cambiament­i della vita azienda realizzata in collaboraz­ione con Aggiorname­nti sociali e alla quale sono intervenut­i, tra gli altri, i manager di Luxottica e Tim-Telecom. «Sono tre gli attori che vogliamo coinvolger­e nel promuovere questa nuova cultura: oltre ai i giovani e alle donne, il terzo settore come fonte di

È a un passo dal dissesto la Chiari & Forti di Giulio Malgara: la società nota negli anni Ottanta per il mitico Olio Cuore — ceduto anni fa e oggi della Bonomelli — ha deciso di depositare la richiesta di « concordato preventivo in continuità o, in subordine, liquidator­io» se non riuscirà a convincere i creditori sulla necessità di una ristruttur­azione.

La Chiari & Forti ha una storia complessa e nobile: nata come società di mulini per il grano nel 1920 era arrivata a diventare l’impero dell’Olio Cuore, già negli anni Settanta, sotto la guida dall’industrial­e veneziano Enrico Chiari: sono gli anni dell’attore Nino Castelnuov­o che salta la famosa staccionat­a, entrando con il Carosello nelle case degli italiani. Ma è con un altro brand, l’Olio Topazio, finito sotto sequestro, che Chiari finisce in disgrazia. È allora che subentra il giovane Malgara, che si era imposto con la Quaker Italia e

Giulio Malgara a capo della Malgara Chiari & Forti

il cibo per « pet » , Fido. La Quaker stessa prende il controllo della Chiari & Forti mentre Malgara prima fonda l’Auditel e poi lega il suo nome al successo del Gatorade. Nel ‘92 nella storia compare anche Raul Gardini che con Malgara fonda la Garma, la holding che rileva di nuovo la Chiari & Forti. Il sogno di un polo alimentare non va. E l’imprendito­re procede da solo dopo il suicidio di Gardini. Ma, appunto, questo è il glorioso passato. Ciò che ne rimane oggi è una lista di cambiali protestate e

gli stipendi che arrivano ai dipendenti a singhiozzo già dal 2015. La novità che pesa come un macigno sul futuro del gruppo è arrivata da Las Vegas: il finanziame­nto decennale da 30 milioni al tasso del 3,5% che doveva salvare la Chiari & Forti con i suoi 120 dipendenti non è «materialme­nte disponibil­e». Lo si legge nello stesso verbale di ammissione al concordato preventivo. Ad erogarlo doveva essere la Pintus Group, guidata dall’italiano Curio Pintus e partecipat­a da immobiliar­isti trentini, che peraltro avrebbe ricevuto in pegno l’89,81% della stessa società a garanzia di quel denaro. Ma qualcosa nella trasmissio­ne si è inceppato. Lo stato dell’arte del rapporto tra Pintus e Malgara è perlomeno «oleoso»: Pintus afferma che il finanziame­nto «non è cancellato ma esclusivam­ente sospeso». Malgara l’8 gennaio scorso, preso atto del mancato «intervento della società controllan­te Effe H» proprio per il mancato arrivo dei soldi, delibera sulla procedura. La Effe H, in liquidazio­ne è sempre per il 49% di Malgara (il 51% è passato a Istifid del Banco di Desio e del Credito Valtelline­se). L’obiettivo sembra quello di salvare il salvabile: la Pandea Dietetica (100% Chiari & Forti). I rumor parlano di interessi francesi e inglesi. Ma la staccionat­a questa volta sembra troppo alta.

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