INTERVENTI E REPLICHE
La politica dei toni alti a Bruxelles
La politica europea è cambiata, anzi direi che è iniziata la stagione di una vera politica europea. Alcuni autorevoli osservatori chiedono di tenere i toni bassi, di attivare «interlocutori» discreti, di negoziare negli incontri a porte chiuse, di mandare felpati diplomatici a sussurrare le richieste italiane nei corridoi ovattati della Commissione. «La politica (sbagliata) dei toni alti», si intitolava anche l’editoriale di ieri di Paolo Mieli. Quello però era forse l’unico modo possibile di operare in Europa un tempo. Oggi, invece, abbiamo la possibilità e la necessità di fare politica a Bruxelles, non solo diplomazia o burocrazia. E politica, nel senso più alto, significa vita democratica nelle istituzioni e verso l’opinione pubblica. Non per niente è stata l’Italia a far togliere il velo di segretezza sul Ttip. È anche singolare che un osservatore così attento e attrezzato come Alberto Alesina includa gli eurodeputati, i diretti rappresentanti del popolo a Bruxelles e a Strasburgo, nel suo ragionamento sulla burocrazia ( Corriere, 22 gennaio)! C’è in molti ambienti una dannosa mancanza di conoscenza del ruolo degli eurodeputati e dei compiti delle diverse istituzioni dell’Ue. Anche per questo, a volte, la legislazione europea non viene adeguatamente seguita, presidiata e condivisa da chi poi quelle norme deve rispettare e applicare. (Ogni riferimento alla direttiva sul bail-in è puramente voluto). Abbiamo la possibilità di cambiare il modo di fare politica in Europa perché l’Italia con il governo Renzi ha recuperato credibilità, perché il Parlamento italiano ha fatto le riforme e perché l’Italia è diventato un Paese stabile che rispetta le regole comunitarie. Al Parlamento europeo abbiamo due vicepresidenti italiani ed è un italiano che guida lo schieramento dei Socialisti e Democratici europei, che è la componente fondamentale della coalizione di popolari e progressisti che tiene in vita la Commissione Juncker. Mi si permetta anche di dire, con orgoglio, che quella degli eurodeputati Pd è la più numerosa delegazione nazionale di tutti i gruppi, perché i tedeschi nel Ppe sono più numerosi solo come somma di due formazioni (Cdu e Csu). Abbiamo la necessità di cambiare il modo di fare politica in Europa perché dalla crisi dell’euro è avvenuta una rivoluzione copernicana imposta dalle urgenze della globalizzazione. Si è moltiplicata la quantità e il livello dei problemi a cui l’Europa deve rispondere e si è acceso il faro dell’attenzione pubblica su Bruxelles. Di Unione Europea oggi se ne parla anche, giustamente, al Bar Sport. Nei mesi scorsi è stato proprio con delle richieste politiche fatte ad alta voce, non con dei discreti negoziati diplomatici, che il governo italiano e noi eurodeputati abbiamo ottenuto dalla Commissione, in cambio del nostro appoggio, la comunicazione sulla flessibilità, il piano Juncker sugli investimenti, l’Agenda sulle Migrazioni con la redistribuzione dei richiedenti asilo e, presto, la modifica del regolamento di Dublino. Chi parla a voce è alta lo fa perché ha una strategia chiara. Nelle nostre battaglie è tutto online e tutto pubblico. È la democrazia ed è la politica che finalmente in Europa è cambiata.
Patrizia Toia, capodelegazione eurodeputati pd al Parlamento europeo