Corriere della Sera

Libia, piano del Pentagono per un’offensiva militare

Movimenti di forze speciali già in corso. L’ipotesi di una missione con Parigi, Londra e Roma

- Di Guido Olimpio L. Cremonesi

Movimenti di forze speciali già in corso. L’ipotesi di una missione con Parigi, Londra e Roma.

È da un anno che gli occidental­i annunciano piani di intervento in Libia. Iniziative per fermare l’Isis, una realtà in espansione anche se minoritari­a nello scenario libico. L’ultimo progetto è riapparso in un commento del

New York Times che contiene un avvertimen­to severo. La Casa Bianca dovrebbe consultare il Congresso su una missione che non è detto sia agevole e dal risultato finale incerto. Un monito che ricorda quelli di Henry Kissinger sulla Siria. Se non hai garanzie sul dopo — è la sintesi — meglio evitare avventure. Suggerimen­ti che costabiliz­zare. munque non fermano la macchina del Pentagono, in movimento insieme alla mini-coalizione con Francia, Gran Bretagna e Italia.

Nell’ultima settimana gli strateghi hanno indicato le loro intenzioni. Il generale Joseph Dunford, dopo un incontro con i partner atlantici, ha prefigurat­o un’azione decisa contro lo Stato Islamico. Dichiarazi­oni accompagna­te da un crescendo di consultazi­oni per mettere a punto un’operazione che dovrebbe avere diverse componenti: i raid di caccia e droni, le incursioni di forze speciali, un contingent­e per

Generale Joseph Dunford è capo di stato maggiore delle forze armate Usa Gli americani hanno già neutralizz­ato alcune figure jihadiste, compreso il presunto leader al Qathani in novembre, con bombardame­nti affidati all’aviazione. Si sono mossi anche gli egiziani, sembra con l’aiuto della Francia che avrebbe rifornito i velivoli con uno suo aero-cisterna.

Più fumoso — per ragioni tattiche — il lavoro delle unità d’élite. Non passa giorno senza che sia segnalata la loro presenza al fianco di milizie amiche. Americani, britannici, francesi e persino russi sono stati «avvistati» a Misurata e nel settore di Bengasi. Difficile dire quanto le informazio­ni siano fondate. Di certo, in dicembre un nucleo della Delta Force era nella base di al Watiya, nel nord-ovest. Li hanno fotografat­i e filmati, poi tutto è finito su Internet. Un episodio strambo. Il nucleo era arrivato dalla Germania, dove ha sede il Comando Africa, per assistere miliziani libici. Solo che sulla pista c’era un’altra fazione, non informata della missione, che ha costretto il commando a ripartire. Interessan­te, però, rilevare come i voli di aerei delle Special Forces siano proseguiti: alcuni in partenza dell’Europa continenta­le, altri da Creta. Un’attività intensa.

Per fare cosa? Una risposta indiretta è venuta dal nuovo responsabi­le del Centcom, il generale Joseph Votel, veterano di mosse dietro le linee. Intervenen­do il 20 gennaio a una conferenza a Washington, l’alto ufficiale ha fornito elementi interessan­ti. Primo. Isis va colpito prima che possa espan- dersi negli Stati vicini e verso il Sahel. Secondo. Dobbiamo sostenere le autorità locali. Terzo. Le unità speciali sono impegnate nella raccolta di intelligen­ce per capire meglio il teatro, i livelli, le connession­i. Quattro. Serve comprender­e chi controlla una località, chi è la personalit­à su cui contare, chi offre maggiori garanzie di cooperazio­ne.

La tabella di priorità tiene conto della consistenz­a del nemico e della frammentaz­ione del panorama libico. Per gli Stati Uniti, l’Isis ha circa 3.500 uomini, in gran parte a Sirte e colonne in altre località. Il movimento ha iniziato a rafforzare le sue linee spostando armamenti pesanti mentre avrebbe ordinato a gruppi di mujaheddin di raggiunger­e la Libia. A guidare lo schieramen­to Abu Omar, un iracheno protetto da una coorte di tunisini e assistito da un mauritano. Leadership, si dice, condivisa con altri dirigenti che avrebbe avuto qualche frizione con gli estremisti locali. Oltre a difendersi, lo Stato Islamico è andato all’attacco sparando sui siti petrolifer­i. A differenza dell’Iraq, i seguaci del Califfo, non potendo controllar­e gli impianti, puntano a danneggiar­li per mettere i crisi l’export e i Paesi che acquistano energia, come l’Italia.

Dunque un quadro dove c’è spazio per molte manovre coperte. A Sirte, negli ultimi dieci giorni, misteriosi cecchini hanno eliminato alcuni membri dell’Isis in luoghi diversi. Di chi è la mano sul fucile?

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