Svolta nelle banche cooperative una sola holding per 365 Bcc
Atteso il via libera del governo: una rete di 4.450 sportelli
di accelerare e approvare una riforma per garantire maggiore solidità al sistema e scongiurare nuovi effetti Etruria, politicamente scivolosi.
Nel decreto di domani l’esecutivo recepirà buona parte del progetto di autoriforma scandito in dieci punti dalle stesse bcc. Il dato di partenza è assicurare al settore un modello più robusto e un quadro di regole più coerente con i requisiti normativi e prudenziali. Tanto che una norma stabilirà l’obbligo da parte di tutte la banche cooperative e casse rurali di aderire a una sorta di holding unica, il Gruppo Bancario Cooperativo di cui diventeranno azioniste in base alle quote di capitale sottoscritto. L’adesione sarà la condizione per mantenere la licenza bancaria in forma di istituto di credito cooperativo. In caso contrario le bcc non aderenti al Gruppo dovranno trasformarsi in una spa o, in alternativa, in una banca popolare. Un’eventualità da cui discende l’obbligo di cedere le riserve indivisibili (nelle bcc non sono distribuite ai soci), accumulate grazie al regime di esenzione di imposta riservato al settore. Quei soldi in caso di mancata adesione andranno così ad alimentare un fondo mutualistico per la promozione della cooperazione.
Una volta previsto il trasferimento del settore sotto un unico cappello, il decreto fissa le tappe successive, disciplinando il rapporto tra la capogruppo e le singole banche. In pratica, la bcc sottoscrive, attraverso un contratto di coesione, le regole di integrazione, controllo e coordinamento a cui sarà sottoposta. Nello schema di riforma, condiviso dalle bcc con la Banca d’Italia e il ministero dell’Economia, è stata prevista la possibilità di differenziare i gradi di autonomia della singola bcc dalla capogruppo. I margini di manovra saranno tanto più ampi in presenza di banche con bassi indici di rischiosità. Un giro di vite necessario a stringere le