Corriere della Sera

I fedeli di Gheddafi stanno con il Califfo (cercando il riscatto come in Iraq)

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mondo molto diversa dalla loro, ma comunque utile in questa fase dello scontro frontale.

I giornalist­i libici ci segnalano che al momento sarebbero almeno 2.500 i combattent­i di Isis a tempo pieno schierati nella regione di Sirte e sulla fascia costiera con i terminali petrolifer­i, verso Bengasi. Di questi il 70 per cento sarebbero volontari di Isis arrivati da Siria, Iraq, Tunisia, Yemen, Algeria, Marocco e i tradiziona­li serbatoi di reclutamen­to di Isis. Il restante 30 per cento sarebbero invece giovani libici. «Non a caso arrivano da Sirte, dai villaggi circostant­i, Tarhuna, Bani Walid e dalla regione della capitale. Tutte zone dove Gheddafi godeva di ampia popolarità sino alla sua scomparsa nell’ottobre 2011. Utilizzano nomi di battaglia inventati sul momento, cercano di non farsi riconoscer­e per evitare che le loro famiglie possano venire perseguita­te dai due governi di Tobruk e Tripoli. Temono le possibili rappresagl­ie della Nato, specie le squadre speciali inglesi e francesi. Anche l’Italia è vista come un nemico pericoloso», ci spiega un commentato­re tripolino che non vuole essere identifica­to.

È dunque possibile paragonare la zona di Sirte, nella quale gli arsenali del vecchio regime sono ancora quasi intatti, alla provincia irachena di AlAnbar, patria della minoranza sunnita dove il governo di Bagdad

Il convoglio Un gruppo di fedeli del Califfato in Libia dalla seconda metà del decennio scorso non riesce ad esercitare la propria sovranità. Isis si presenta così sempre più come un fenomeno complesso, dalle molte anime, mosso da interessi locali, ma il cui collante principale è il diffuso odio verso l’Occidente accusato di aver destabiliz­zato i regimi del Medio Oriente a proprio uso e consumo.

Eppure, questa alleanza di interessi tra volontari fanatici dell’internazio­nale jihadista e forze locali decise invece ad aderire per convenienz­a evidenzia anche forti debolezze interne. Elementi della tribù Gheddafi contattati dal Corriere a Sirte non nascondono l’insofferen­za

per gli eccessi ideologici e religiosi dei loro alleati. Ai tempi del Colonnello non esitavano a consumare alcolici e divertirsi nei night club romani. Proprio come i baathisti iracheni sotto Saddam Hussein. «Quando avremo vinto ci libereremo di Isis», rivelano.

Ma non è affatto chiaro se alla fine ne saranno davvero capaci.

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