La rivolta
Il 15 febbraio 2011 inizia a Bengasi la rivolta contro Gheddafi. Le proteste si allargano ad altre città: parte la «Rivoluzione del 17 febbraio»
A marzo 2011 i primi raid aerei francesi contro le truppe di Gheddafi, che minacciano la popolazione civile di Bengasi. La Nato prende poi la guida dell’operazione
Ad agosto Tripoli cade nelle mani dei ribelli. Il rais verrà ucciso il 20 ottobre a Sirte
A luglio 2012 le prime elezioni libere, ma il Paese è in preda alle violenze delle milizie
Luglio 2014: eletto il nuovo parlamento, costretto a insediarsi a Tobruk. Le milizie filoislamiche di Fajr Libya impongono un governo parallelo a Tripoli
Non tutti i militanti del Califfato sono fanatici jihadisti. Tutt’altro. Le tribù che furono fedeli a Muammar Gheddafi tendono oggi a vedere in Isis uno strumento di riscatto e vendetta contro le milizie rivoluzionarie nate al tempo della guerra nel 2011 e i Paesi Nato che furono loro alleati. Un fenomeno che ricorda da vicino quello dell’adesione dei sunniti baathisti iracheni prima ad Al Qaeda, negli anni seguenti l’invasione americana del 2003, e poi ad Isis. In entrambi i casi, forze sostanzialmente laiche, e comunque ideologicamente lontane dall’oltranzismo religioso del Califfato, si dimostrano disposte a «turarsi il naso» e accettare la lettura più wahabita dell’Islam militante pur di combattere ad oltranza i nemici che le hanno allontanate dal potere. È la logica della vendetta a tutti i costi, anche quello di aderire a una visione del