Corriere della Sera

Il percorso del premier per la svolta sui gay Ma la moglie Agnese ha più di un dubbio

- Claudio Bozza

«Non ritengo quella delle coppie di fatto una questione prioritari­a su cui stare mesi a discutere, per poi trovare una faticosa mediazione. Mi sembra un controsens­o rispetto alle vere urgenze dell’Italia». Non è il proclama di uno dei promotori della marcia pro famiglia di domenica a Roma, bensì un’intervista che Matteo Renzi, allora presidente della Provincia di Firenze (versione Margherita), rilasciò ad Avvenire prima di scendere in piazza per il Family day del 2007, contro i «Dico», versione per di più pallida della legge Cirinnà. In questi anni, però, Renzi ha cambiato totalmente prospettiv­a e ora ripete che «sulla Cirinnà si va avanti così, adozioni incluse». Un percorso lento, inesorabil­e ma non scontato specie per un giovane cresciuto tra l’oratorio e gli scout, dove la famiglia è composta rigorosame­nte da babbo (uomo) e mamma (donna). Una strada quasi sempre a fianco di quella che diventerà sua moglie, con la quale negli ultimi tempi si è confrontat­o più volte. Agnese, cresciuta in una famiglia neocatecum­enale e con un fratello sacerdote, sulla stepchild adoption nutrirebbe più di un dubbio. E lo avrebbe ribadito al marito-premier, la cui bussola della realpoliti­k porta però verso un altro traguardo: togliere all’Italia la maglia nera europea sui diritti civili. Ma cosa ha cambiato il pensiero di Renzi in questi nove anni? Tanti episodi e tanti incontri. In particolar modo quello con Alessia Ballini: ex assessore in Provincia e pasionaria della sinistra dei Ds sui diritti civili, scomparsa giovane nel 2011 e con la quale Renzi legò moltissimo nonostante il solco culturale che li divideva. Il già scoppietta­nte leader cattolico, fino ad allora, quel mondo (senza diritti, perché senza legge) lo aveva conosciuto solo a distanza. Vivere quella realtà da vicino per la prima volta, però, lo spinse a capire. A dire, con forza, alla Leopolda del 2012 che «nei primi cento giorni di governo approverem­o una legge». «Mi ricordo i confronti dietro le quinte — racconta il sottosegre­tario Ivan Scalfarott­o, primo omosessual­e dichiarato al governo in Italia —. Matteo mi chiedeva le cose e ascoltava con attenzione: “Sulle unioni civili mi hai convinto, ma sul matrimonio gay no”, mi disse. Renzi ha cambiato rotta quando si è messo il cappello dello statista, di colui che governa per il bene del Paese e non in base alle proprie convinzion­i personali o di una sola parte». Dietro le quinte c’era anche Anna Paola Concia, attivista pd sposata in Germania con la compagna: «Sorpresa della svolta di Renzi? Mica tanto: è un politico pragmatico, e poi ha giurato sulla Costituzio­ne, mica sul Vangelo».

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