Il percorso del premier per la svolta sui gay Ma la moglie Agnese ha più di un dubbio
«Non ritengo quella delle coppie di fatto una questione prioritaria su cui stare mesi a discutere, per poi trovare una faticosa mediazione. Mi sembra un controsenso rispetto alle vere urgenze dell’Italia». Non è il proclama di uno dei promotori della marcia pro famiglia di domenica a Roma, bensì un’intervista che Matteo Renzi, allora presidente della Provincia di Firenze (versione Margherita), rilasciò ad Avvenire prima di scendere in piazza per il Family day del 2007, contro i «Dico», versione per di più pallida della legge Cirinnà. In questi anni, però, Renzi ha cambiato totalmente prospettiva e ora ripete che «sulla Cirinnà si va avanti così, adozioni incluse». Un percorso lento, inesorabile ma non scontato specie per un giovane cresciuto tra l’oratorio e gli scout, dove la famiglia è composta rigorosamente da babbo (uomo) e mamma (donna). Una strada quasi sempre a fianco di quella che diventerà sua moglie, con la quale negli ultimi tempi si è confrontato più volte. Agnese, cresciuta in una famiglia neocatecumenale e con un fratello sacerdote, sulla stepchild adoption nutrirebbe più di un dubbio. E lo avrebbe ribadito al marito-premier, la cui bussola della realpolitik porta però verso un altro traguardo: togliere all’Italia la maglia nera europea sui diritti civili. Ma cosa ha cambiato il pensiero di Renzi in questi nove anni? Tanti episodi e tanti incontri. In particolar modo quello con Alessia Ballini: ex assessore in Provincia e pasionaria della sinistra dei Ds sui diritti civili, scomparsa giovane nel 2011 e con la quale Renzi legò moltissimo nonostante il solco culturale che li divideva. Il già scoppiettante leader cattolico, fino ad allora, quel mondo (senza diritti, perché senza legge) lo aveva conosciuto solo a distanza. Vivere quella realtà da vicino per la prima volta, però, lo spinse a capire. A dire, con forza, alla Leopolda del 2012 che «nei primi cento giorni di governo approveremo una legge». «Mi ricordo i confronti dietro le quinte — racconta il sottosegretario Ivan Scalfarotto, primo omosessuale dichiarato al governo in Italia —. Matteo mi chiedeva le cose e ascoltava con attenzione: “Sulle unioni civili mi hai convinto, ma sul matrimonio gay no”, mi disse. Renzi ha cambiato rotta quando si è messo il cappello dello statista, di colui che governa per il bene del Paese e non in base alle proprie convinzioni personali o di una sola parte». Dietro le quinte c’era anche Anna Paola Concia, attivista pd sposata in Germania con la compagna: «Sorpresa della svolta di Renzi? Mica tanto: è un politico pragmatico, e poi ha giurato sulla Costituzione, mica sul Vangelo».