PIER LUIGI PIZZI, L’«ANTICO» PER PASSIONE
e avete un momento di tempo, leggete questo articolo; ma se per caso avete parecchi momenti di tempo, correte a Reggio Emilia a vedere lo spettacolo di cui sto per parlarvi e non leggete niente prima», scriveva Lorenzo Arruga esattamente trent’anni fa sul «Giorno», a proposito di Henry Purcell, il Barocco ritrovato di Pier Luigi Pizzi, al Teatro Valli. I protagonisti? Oltre al musicista inglese, Artemisia Gentileschi, Guido Reni e Jan Vermeer.
Definito «un principe del Barocco», Pizzi è un grande collezionista che ama ricreare i quadri sulla scena. Lo spettacolo si allarga: coinvolge protagonisti e comparse, tecnici del suono e delle luci, librettisti e coreografi.
Bene, adesso se avete tempo, sfogliate il Pier Luigi Pizzi Bis! di Lorenzo Arruga e Franca Cella (Allemandi, pp. 244, € 50) dedicato al geniale scenografo, costumista e regista milanese, che, a 86 anni, continua a mostrarsi un formidabile compagno di viaggio dei due coniugi scrittori. La prima tappa s’è conclusa, nel 2006, con le 428 pagine di Pizzi inventore di teatro. Adesso, la seconda e ultima. Autore barocco, nato casualmente circa tre secoli dopo (1930), Pizzi ha avuto come compagni d’infanzia Góngora e Lope, Cervantes e Shakespeare, Quevedo e Marino, La Fontaine e Madame de Sévigné.
Testi e foto del Bis! documentano centinaia di «creazioni sottratte all’oblio dell’effimero teatrale». Diversamente, come rendersi conto delle nuove interpretazioni o, addirittura, di invenzioni ex novo di questo mago dello spettacolo? Regia aggiornata?, si chiede Arruga. No. Proiettata nel futuro. Qualche esempio? I cantanti lirici non si esibiscono semplicemente sulla scena, ma ne diventano parte integrante. Allestimenti moderni permettono ai vari Euripide, Goldoni, Alfieri, De Musset, Tolstoj, Feydeau; così come a Mozart, Pergolesi, Gluck, Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi, Bizet, Saint-Saëns e tanti altri, di uscire «dal loro mondo senza contraddirlo e approdare nel nostro, in un atto meraviglioso di vita comune».
Si dice che la vita dell’attore sia scritta sull’acqua, che dura il tempo di una serata, mentre della messinscena rimangono bozzetti, figurini. Certo cinema e tv hanno rivoluzionato la memoria dello spettacolo. Anche se non è la stessa cosa, si cerca di fermare il tempo, di riviverlo, di ritrovare qualche momento di stato di grazia. E in un libro come questo, la fotografia aiuta: ferma l’azione, permette di rileggerla. Eccoci davanti ad un pittore di tableaux vivants. Talvolta, in fase iniziale, l’invenzione si serve del computer. Si annulla l’imprevedibile: e la precisione azzera eventuali errori, soprattutto nei rapporti prospettici.
La seconda parte del viaggio Arruga-CellaPizzi dura circa otto anni e le stazioni sono tante, così come le soste. Fra le più lunghe, c’è quella allo Sferisferio di Macerata (2006-2011), dove già nel 1994, Pier Luigi Pizzi era salito sulla carrozza de I racconti di Hoffman.
Il 2006 coincide con i 250 anni della nascita di Mozart e Pizzi apre la stagione con Il flauto magico. Magico anche il confronto fra la Turandot di Ferruccio Busoni, rappresentata alle 18 del 30 luglio al Teatro Lauro Rossi (regia di Daniele Callegari), e, alle 21, allo Sferisferio, quella di Puccini (regia di Pizzi). Poteva mancare un omaggio a Lauro Rossi, cui è dedicato il teatro comunale di Macerata? Pizzi accetta la sfida e mette in scena Cleopatra. Un Egitto senza tempo, riflesso nei dipinti di lord Frederic Leighton, preraffaellita e coetaneo del musicista marchigiano.