Corriere della Sera

CHI DEVE CHIEDERE PERDONO PER IL CASO MORTARA

- Bruno Faccini nrnfcc@alice.it

No, mi dispiace, dottor Romano: in Francia, stando ai casi che lei cita, non ci fu alcun piccolo Mortara. Edgardo Mortara non venne affidato a un’istituzion­e cattolica volontaria­mente dai suoi genitori. Subì, come del resto accenna il lettore, un macchinoso rapimento ispirato da talmente cinico fanatismo dell’inquisitor­e, che perfino i gendarmi che lo mettevano in pratica si commossero fino alle lacrime per la disperazio­ne di Marianna e Momolo Mortara, i genitori (David L. Kertzer, Prigionier­o del Papa re, Biblioteca Universale Rizzoli). Dunque: non so quanto fossero adeguate, «in altri tempi», quelle ipotetiche risposte della Chiesa da lei elencate (che, tuttavia, mi sembrano tutte interne a una razionalit­à del clero cattolico, esclusiva e pro domo sua); ma in «questi tempi», al di là delle scuse avanzate per generiche «incomprens­ioni» e perfino «autentiche ingiustizi­e» da parte della Chiesa cattolica, non le pare che questa dovrebbe implorare specifica misericord­ia per quel vero e crudele delitto perpetrato contro una famiglia, prima ancora che contro i «fratelli maggiori» appartenen­ti a un’altra religione?

Caro Faccini,

Il rischio maggiore, quando parliamo del passato, è quello di pretendere dai protagonis­ti di una antica storia i nostri punti di vista e le nostre sensibilit­à. La nutrice che battezzò Edgardo Mortara, quando lo credette in punto di morte, era una donna semplice, ma aveva ricevuto una forte educazione cattolica ed era convinta che soltanto il battesimo avrebbe risparmiat­o al bambino ebreo le pene dell’inferno. Quando fecero irruzione nella casa dei Mortara a Bologna per strappare il piccolo Edgardo ai suoi genitori, gli sbirri pontifici provarono pietà per il dolore della madre, ma ritennero di compiere, in quel momento, un’opera giusta e umana. I credenti pensavano che gli ebrei vivessero nell’errore e che ogni cattolico, se le circostanz­e gliene avessero offerto l’occasione, avrebbe dovuto dare il proprio contributo alla salvezza di un’anima. Il mondo aveva cominciato da parecchio tempo a pensare diversamen­te e Voltaire, nel suo trattato sulla tolleranza, aveva brillantem­ente denunciato i ciechi rigori della Chiesa cattolica nel caso di un ugonotto ingiustame­nte accusato di avere impedito la conversion­e del figlio. Ma l’autorità morale della Chiesa era ancora, in molti ambienti, indiscussa.

Dal caso Mortara a oggi molto è cambiato. Quando papa Francesco dichiara che l’alleanza del popolo ebraico con Dio non è stata mai revocata e che agli ebrei non possono essere applicate, in materia di conversion­e, le regole prescritte per gli idolatri, il cambiament­o è evidente. Ma lei, caro Faccini, sembra pensare che questo non basti e che la Chiesa dovrebbe implorare misericord­ia per il modo in cui si comportò all’epoca del caso Mortara. A me sembra invece più interessan­te cercare di comprender­e perché la Chiesa sia stata indotta a modificare la propria linea; ed è su questo punto che vorrei ascoltare l’opinione di una autorità rappresent­ativa del mondo cattolico. Nelle richieste di perdono fatte da chi non può essere considerat­o responsabi­le lei vede un atto dovuto, mentre io vedo il desiderio di compiacere le opinioni correnti e, quindi, un po’ di ipocrisia.

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