Corriere della Sera

Peyton, il giovane vecchio della dinastia il solito Manning si gioca il Superbowl

- Carlo Baroni

La danza della pioggia per l’ultimo saluto a «Eva», la Ferrari dell’anno scorso sulla quale ieri Sebastian Vettel ha girato a Le Castellet per provare i nuovi pneumatici da bagnato della Pirelli.

Chiusa questa appendice del 2015 con 134 giri e il miglior tempo sul circuito francese, irrigato da pioggia artificial­e per simulare condizioni estreme, per il quattro volte campione del mondo saranno settimane di lavoro intenso. Palestra, corsa, nuoto e l’amata bici, poi sessioni al simulatore di Maranello per mettere a punto la nuova monoposto. La macchina del riscatto rosso, quella che, a meno di cambi di programma, sarà svelata il 19 febbraio in streaming sul web. Tre giorni dopo accenderà i motori sull’asfalto di Barcellona nel primo test ufficiale del 2016. Un passaggio fondamente per capire, almeno in linea generale, le virtù di una vettura progettata per riportare il Mondiale a casa dopo anni di digiuno (ultimo titolo piloti nel 2007 con Raikkonen). Sergio più cicatrici di un reduce del Vietnam. Lui viene da una famiglia di quarterbac­k, anzi dalla «famiglia»: i Manning. Padre e due fratelli. Una casa solo per metterci i trofei. Il profumo del campo annusato prima ancora di andare a scuola. Peyton è l’americano della porta accanto, quello dei telefilm degli anni Sessanta. I capelli corti come un marine, il bicchieron­e di latte, il giornale davanti all’uscio di casa. Uno che parla poco e dice cose così scontate da sembrare originali. Un personaggi­o che non fa niente per esserlo. Finito persino negli episodi della famiglia Simpson, di sicuro più trasgressi­va Ha 39 anni, un padre e due fratelli ex giocatori sarà il più anziano ad aver giocato una finale dei Manning. Loro vengono dal Profondo Sud. New Orleans, Louisiana, giusto perché lì ci giocava il padre che veniva da ancora più giù: Drew, Mississipp­i. Il fratello maggiore, Cooper, frenato da troppi infortuni ed Eli, il più piccolo, vincitore di due Superbowl. Quelli che spera di eguagliare anche Peyton, che un giorno di qualche anno fa Indianapol­is mise alla porta: «sei troppo vecchio, man». Già.

Manning e gli altri. I rivali di Carolina che stanno diventando gli idoli dei bimbi. La corsa più entusiasma­nte è quella dopo aver fatto touchdown. Quando i giocatori dei Panthers si fiondano sulle tribune e fanno il passaggio più bello: regalano il pallone ai loro mini tifosi. Le tv vanno matte quando succede. Per rubare le espression­i dei bambini con il «regalo» in mano. Il loro eroe,

Peyton Place Peyton Manning

è nato a New Orleans il 24/3/1976. Quarterbac­k degli Indianapol­is

Colts dal 1998 al 2011, dal 2012

ai Denver Broncos. Ha vinto il Superbowl nel 2006 (Reuters) un gigante con il casco e le spalle larghe come quattro ante dell’armadio della loro stanzetta, che fa slalom tra fotografi, giornalist­i, stewart è proprio lì davanti. Il sorriso che si mescola con il sudore. Lo stadio che esulta, la musica che arriva al cielo, le cheerleade­r che fanno a gara per farsi notare. E loro lì, con la maglietta azzurra dei Panthers, sempre di una misura più larga, il cappellino di lana, che d’inverno fa freddo anche in Carolina, e i guanti che provano a scaldare mani sempre troppo piccole. E quel momento che non basterà un anno di scuola per raccontarl­o. Da esserne fieri più di un 8 in matematica. Il pallone del touchdown che tirerai fuori per le partite con gli amici e poi finirà nell’angolo più luminoso della tua stanza. Quando lo sport è questo, ringraziam­o il Cielo che ci sia l’America a giocarlo.

Record di longevità

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