Frode fiscale, il calcio trema
Cinque presidenti di serie A tra i 64 indagati
La nuova frontiera sono le frodi fiscali attraverso le false fatturazioni. L’ipotesi d’accusa della Procura di Napoli fa fare un salto di qualità agli scandali del calcio aprendo il filone della finanza truccata. Che segue quello più classico delle partite taroccate: per favorire le scommesse clandestine o i destini di qualche squadra, com’è avvenuto lo scorso anno con il Catania del presidente reo confesso. Dai tempi del Totonero scoperto nel 1980, con i calciatori arrestati insieme a faccendieri di bassa lega, a quelli recentissimi delle puntate intercontinentali (e in diretta) sulle partite di tutti i campionati, atleti e dirigenti continuano a vendere i risultati. Complici di apposite associazioni per delinquere. Così come manager senza scrupoli continuano a contattare arbitri o colleghi di altri club (da Calciopoli in avanti: ma quanti sono i casi mai scoperti?) per indirizzare l’esito delle partite. E ancora il pasticcio dei passaporti falsi per far tesserare come italiani o «comunitari» stranieri più o meno conosciuti. Fino alle fatturazioni fittizie contestate oggi. È come se il calcio — non solo in Italia, visto quel che è accaduto alla Fifa — fosse condannato a convivere con la corruzione, in una deriva inarrestabile. Il ricorso al malaffare sembra un vizio che non passa, forse nella convinzione che comunque la Grande Macchina dello spettacolo e del business può tollerare tutto: per i soldi che muove, ma anche per entusiasmi e passioni che continua a suscitare nel pubblico (ignaro o rassegnato) degli stadi e delle pay-tv. Lo scandalo passa, il circo del calcio resta. In attesa del prossimo scandalo.