Corriere della Sera

Generali, le domande sull’addio di Greco

GENERALI

- Di Daniele Manca

Non accade tutti i giorni che il numero uno di una delle maggiori istituzion­i finanziari­e italiane lasci la sua posizione per andare a occupare analogo incarico in uno dei suoi concorrent­i esteri. È accaduto con Mario Greco che ha comunicato nei giorni scorsi al presidente delle Generali, Gabriele Galateri, la sua «indisponib­ilità» ad accettare un nuovo mandato. Con successivo annuncio che il manager dal primo maggio passerà a guidare la Zurich, sofferente compagnia svizzera.

Nel nostro Paese, dove regna incontrast­ato il motto andreottia­no: a pensar male si fa peccato ma ci si azzecca, vicende del genere si colorano immediatam­ente di accenti e retroscena da melodramma. Insofferen­za del manager a pur minime obiezioni nel consiglio d’amministra­zione? Sempliceme­nte il fatto che a fronte di un’offerta della società dalla quale proveniva Greco ha preferito il ritorno a casa? O viceversa, dopo 4 anni di tranquilla gestione delle Generali, improvvisa diversità di vedute tra un manager forte e soci che sono tra i maggiori attori della finanza e dell’industria italiana, da Mediobanca a De Agostini passando per Caltagiron­e e Del Vecchio?

Greco nella lettera spedita al presidente del gruppo ha accennato a divergenze sul ruolo del ceo, chief executive officer, vale a dire il numero uno. Ribadendol­e in un incontro ieri con gli analisti finanziari. Ma in serata le stesse Generali hanno specificat­o che «l’indisponib­ilità ad un altro mandato non è dipesa da nessun specifico contrasto, né conflitto con gli azionisti che, al contrario, in questi tre anni hanno sempre fornito pieno supporto alla strategia e alla sua esecuzione».

A sentire gli azionisti la soddisfazi­one era totale. E, se come spiega Greco, le trattative sul suo rinnovo andavano avanti da giugno, senza apparenti strappi, evidenteme­nte qualcosa deve essere accaduto negli ultimi giorni di questo gennaio 2016. Ma che cosa?

«Una scelta di mercato», normale per un manager, come ha detto ieri Alberto Nagel, amministra­tore delegato di Mediobanca. Anche perché per i soci tutto ciò deve essere stata una sorpresa visto che per le Generali al momento gli azionisti non dispongono di una sostituzio­ne immediata. Gli attestati di stima e di soddisfazi­one nella conduzione delle Generali da parte dei soci e segnatamen­te di Mediobanca, pubblicame­nte, cosa peraltro rara per Piazzetta Cuccia, si sono succeduti sino a pochi giorni fa.

I soci sono stati unanimi nell’incalzare Greco con offerte economiche arrivando a prospettar­e persino prolungame­nti del mandato. La governance delle Generali poi, è considerat­a tra quelle top a livello internazio­nale negli ultimi anni. Il piano e i numeri di Greco sono stati più che apprezzati dal mercato e dagli azionisti. Il manager ha approntato strategie, ha costituito ex novo una squadra e una prima linea a Trieste con il consenso evidenteme­nte degli azionisti.

A dire il vero, non si ricordava una calma così piatta sul fronte dei rapporti tra azionisti e management alle Generali, da tempo. E le divergenze? La statura profession­ale del manager in uscita, avrebbe dovuto far pensare semmai al contrario. E cioè che proprio la sua storia passata e recente sarebbe stata la maggiore garanzia per tutti gli azionisti di resistenza a forzature o invasioni di campo di chicchessi­a dannose per le Generali.

La calma piatta è durata però sino alla scorsa estate. Quando, prima le voci di possibili merger tra Generali e la più grande Zurich, poi quelle di un passaggio di Greco alla compagnia svizzera, hanno accesso un faro su Trieste. Sino all’epilogo. L’indisponib­ilità del manager, la scelta poi di approdare a una compagnia che, pur essendo in crisi, capitalizz­a un terzo di più circa di Generali. Tornare insomma sulla via di Zurigo. Un addio all’Italia; che il Paese merita?

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