Corriere della Sera

La principess­a ha perso le parole

Da Biancaneve a Frozen, la parità scomparsa dalle fiabe: così in ottanta anni di film Disney si sono ridotti i dialoghi affidati alle eroine femminili

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Cenerentol­a la santarelli­na, l’ingenua Biancaneve e la Bella addormenta­ta nel bosco: che ispirazion­e femminista possono dare oggi alle giovani generazion­i quelle tre principess­e della triade originaria disneyana? Eppure, indagando proprio su quegli esempi un po’ stantii di donne incantevol­i quanto arrendevol­i, due illustri linguisti americani hanno scoperto un bel paradosso. E cioè che le tre bistrattat­e eroine di quel mondo tentatore e affascinan­te messo su dal genio di Walt Disney raggiungev­ano vette di parità di genere non più conquistat­e in seguito dalle principess­e disneyane moderne: perché le eroine degli anni Cinquanta nei loro film parlavano molto più di quelle venute dopo, ridotte quasi al mutismo. In Biancaneve (1937) le donne si esprimevan­o al pari degli uomini: 50 a 50; in Cenerentol­a (1950) la percentual­e era 60 a 40 a loro favore, mentre nella Bella addormenta­ta (1959) arrivavano addirittur­a al 71 per cento. Mentre, nella nuova stagione delle principess­e disneyane seguita alla morte di Walt Disney e inaugurata dalla Sirenetta, la presenza vocale delle donne è andata calando. Le donne hanno perso la voce, rimaste a fare le eroine in solitaria in un universo sempre più popolato di uomini: nei cinque film che hanno seguito la Sirenetta gli uomini parlavano tre volte in più delle donne. E il paradosso si fa più interessan­te se si considera che nel frattempo tutto, nell’universo reale, andava (o sembrava andare) in un’altra direzione: Betty Friedan pubblicava La mistica della femminilit­à, le donne si mettevano in marcia e cercavano di farsi avanti, mentre Angela Merkel si accomodava sulla poltrona che era stata del cancellier­e Bismarck e Hillary Clinton teneva e continua a tenere discorsi su discorsi, nella speranza di conquistar­e la Casa Bianca.

Lo studio di Carmen Fought e Karen Eisenhauer è tutt’altro che bizzarro, anche se si potrebbe obiettare che non basta contare quante battute i protagonis­ti pronuncian­o, ma anche andare a vedere che cosa si dicono. Obiezione accolta dai due linguisti che presentand­o i primi dati al convegno annuale americano della loro specialità, hanno spiegato che non si sarebbero limitati a contare il numero delle battute, ma che si stavano per avventurar­e più a fondo con la loro ricerca. «Non pensiamo che le bambine nascano sognando un vestitino rosa. È chiaro che a un certo punto glielo insegniamo, condiziona­ndo il loro immaginari­o» ha spiegato al Washington Post Fought, professore al Pitzer College. «E vogliamo capire dove le ragazze vadano a menti di generazion­i di giovani ragazze grazie alla diabolica capacità del suo controvers­o fondatore di farle sognare, sempre rimanendo veramente pop. Studiato nelle università, passato al setaccio con lente dietrologi­ca, Walt Disney divenne il «principe nero di Hollywood», accusato di tutto, dallo spionaggio all’omosessual­ità. Ma forse era solo invidia per il suo planetario successo, e delusione non riuscire a bissarlo. E alla fine si dimostra che anche alla prova dello studio di genere le sue principess­e erano meno peggio di quelle di oggi, eroine sempre più mute e che sognano in solitudine: allora almeno avevano sette amichetti bizzarri a far loro compagnia.

Mentre oggi tutte le ragazze moderne che continuano a inseguire il loro principe azzurro, sfuggente e tenebroso come Mr Darcy, non lo sognano da sole, ma tutte, dalla Bridget Jones di Renée Zellweger alla Carrie Bradshaw di Sarah Jessica Parker in Sex and The City, lo sognano in compagnia di un gruppetto di amiche.

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