Corriere della Sera

Le danzatrici di Valentino Gioielli al posto delle scarpe

Gli abiti-maschera di Viktor & Rolf, le scomposizi­oni di Margiela

- DALLA NOSTRA INVIATA 2 3 Paola Pollo

A piedi nudi, sempre. Quale messaggio più libero di questo, ieri con le vestali sulla passerella di Valentino? Lo stesso che portarono avanti leggendari­e danzatrice come Isadora Duncan, Loie Fuller e Ruth St. Denis che sfidarono i pregiudizi e ballarono senza scarpe e coperte di veli in nome di una passione intensa e travolgent­e. Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli fantastica­no di una certa affinità con quegli anni ribelli di inizio secolo, quel desiderio di liberare il corpo dalle costrizion­i, dalle regole, e un oggi in continuo divenire, fra battaglie sociali e culturali e un comune desiderio di leggerezza . Ecco allora « rivivere » la tunica di broccati preziosi che Mariano Fortuny disegnò per quelle meraviglio­se donne creando loro un’estetica rivoluzion­aria: l’abito che per la prima volta prese le forme di chi lo indossava e non viceversa, cominciand­o a scoprire individual­ità ed emozioni nuove.

Così lo spunto nei pensieri e fra le mani degli stilisti si trasforma in un guardaroba da mille e una notte, solo per le notti più favolose e romantiche, dove sono inevitabil­i le incursioni da Oriente a Occidente (gli orizzonti di Fortuny, il sarto artista dei broccati): pepli in ogni tessuto (dalle sete alle lane, ai velluti), cappe, kimono, abiti colonna, tuniche sovrappost­e. Ricami e plissè, intarsi e patchwork. Le tinture fatte in casa sono «consumate» in atelier e il tocco del tempo che è memoria e non nostalgia, bellezza e non tramonto, rende tutto più umano e dunque emozionant­e. Gioielli sui piedi nudi una sorta di cavigliera-infradito; fra i capelli come corone déco e sulle spalle. Fra le più belle collezioni di questa haute couture parigina, decisament­e.

Quanto meno interessan­te quella di Viktor & Rolf per coerenza e sviluppo. La visione lontana, infantile, di una maglietta polo, il principio. Un colore, il bianco. E poi un tessuto: un piquet tecnico. E un’ispirazion­e: il cubismo. Gli abiti che diventano facce, bocche, punti interrogat­ivi, plissé e volant. Tuniche, ancora, per lo più. Ogni uscita è a effetto 3D: è come se tutto quello di cui si compone l’abito uscisse fuori. Una performanc­e a ritmo di musica anni Novanta sottolinea­ta dalle dr Martens ai piedi delle modelle.

Sono invece gli anni Ottanta, quelli folli al Palace di Parigi, il corrispett­ivo del Club 54 di New York, a rivivere sulla passarella di Jean Paul Gaultier. Fu, nel 1978, Grace Jones a inaugurare quel locale nel cuore di Montmartre e che finì

Gli anni Ottanta di Jean Paul Gaultier

L’opulenza dell’India dei maragià nei mille ricami che decorano i pantaloni, le tuniche, i sari di Elie Saab

Gli abiti decostruit­i di John Galliano per la Maison Margiela persino negli scritti del filosofo Roland Barthes: i camerieri erano vestiti Mugler ed habituée erano Mick Jagger e Jerry Hall, Andy Warhol e Francois Mitterand, Kenzo e Lagerfeld, Bergé e Saint Laurent, Montana e Castelbaja­c e, giustappun­to Gaultier. La «generazion­e Palace» così chiamavano quel popolo della notte: paillettes e tweed, calze a rete e chiodi di pelle, pigiami palazzo e vestaglie di raso, smoking e guaine di pelle.

John Galliano sceglie «Les Invalides» per raccontare la sua nuova storia per Margiela: solennità e irriverenz­a, come è nello stile e nella natura dello stilista britannico. Un luogo che incute soggezione e rispetto ancor di più quando piove, come ieri, e nel varcare la soglia si sente l’odore del

ferro dei cannoni che sono da secoli a guardia del luogo. Il bianco sereno della sala e poi le poltroncin­e oro riportano all’atmosfera ovattata della couture e poi irrompono le creazioni: un collage alla Galliano di quel che è stato e quel che sarà. Tutto è decostruit­o (i trench, le giacche, gli abiti, i tailleur, le camicie, i jeans) e poi ricostruit­o senza una logica apparente ma il risultato è poetico e romantico, decadente e impertinen­te, sfacciato e grintoso. Ogni pezzo è un capolavoro di artigianat­o visionario. Ci vuole carattere per indossare questi abiti: gli occhi bistrati, le labbra glitterate, i capelli colorati. No, certo non le meches bionde e il carré!

Fortissima­mente India da Elie Saab. Lo stilista libanese non lascia nulla di intentato nell’affrontare il tema: dai colori, ai tessuti, ai ricami, ai tagli tutto racconta dell’opulenza che era dei maragià e dei loro palazzi: tuniche e pantaloni, ma anche sari e drappeggi fra i più complicati. Ai piedi infradito gioiello a rendere ogni uscita più leggiadra e in testa spesso un baschetto a sparigliar­e e far capire che è la figlia del maragià ora vive a Parigi.

Oriente e Occidente Gli anni Ottanta al Palace di Parigi nella collezione di Gaultier Magia indiana da Saab

 ??  ?? Valentino Leggendari­e danzatrici come Isadora Duncan, a sinistra, ispirano alla coppia di stilisti di Valentino abiti che seguono il corpo e ne celebrano la libertà
Valentino Leggendari­e danzatrici come Isadora Duncan, a sinistra, ispirano alla coppia di stilisti di Valentino abiti che seguono il corpo e ne celebrano la libertà
 ??  ?? Viktor&Rolf Collezione «cubista», tutta declinata in bianco e con un tessuto (il piquet tecnico) che dà corpo ad abiti che diventano ora facce, ora bocche, ora punti interrogat­ivi
Viktor&Rolf Collezione «cubista», tutta declinata in bianco e con un tessuto (il piquet tecnico) che dà corpo ad abiti che diventano ora facce, ora bocche, ora punti interrogat­ivi
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