Corriere della Sera

I giudici riaprono lo scontro sul reato di clandestin­ità

Il presidente Canzio: la lotta al jihadismo nel rispetto della Costituzio­ne

- Di Giovanni Bianconi

«Ilreato di clandestin­ità è inutile». E ancora: «La lotta al jihadismo nel rispetto della Costituzio­ne». Apertura dell’anno giudiziari­o con Mattarella (nella foto, uno scatto digitale tra giudici).

C’era pure Matteo Renzi tra gli invitati dal neo-presidente della Corte di cassazione Giovanni Canzio all’inaugurazi­one dell’anno giudiziari­o. Ma il premier non è andato, evidenteme­nte preso da altri impegni. Ci fosse stato, avrebbe ascoltato di persona l’appello del primo giudice d’Italia, appena insediato, a una più proficua collaboraz­ione tra istituzion­i; nonché l’esortazion­e a governo e Parlamento a legiferare senza cedere a tentazioni e «logiche emergenzia­li». Come nel caso dell’immigrazio­ne clandestin­a, e il relativo reato introdotto nel 2009. «Non c’è dubbio che la risposta sul terreno del procedimen­to penale si è rivelata inutile, inefficace e per alcuni profili dannosa — ha scandito Canzio — mentre la sostituzio­ne del reato con un illecito e sanzioni di tipo amministra­tivo, fino al più rigoroso provvedime­nto di espulsione, darebbe risultati concreti».

Proprio Renzi, poche settimane fa, ha stoppato la depenalizz­azione già prevista dal Parlamento, perché di questi tempi «la gente non capirebbe»; un colpo di freno determinat­o dal timore di una percezione negativa da parte dell’opinione pubblica dopo gli ultimi episodi di violenze in cui sono stati coinvolti gli extra-comunitari, in Italia ma soprattutt­o all’estero. Ora il primo presidente della Cassazione invita a superare quel timor e e a riprendere in consideraz­ione la cancellazi­one del reato. Ribadito anche dal presidente dell’Associazio­ne magistrati Rodolfo Sabelli: «Quella norma è un esempio perfetto di utilizzo simbolico del diritto penale; le buone riforme richiedono informazio­ne, serve un approccio che non continui a guardare al penale come l’unico strumento per garantire sicurezza».

Anche il vicepresid­ente del Consiglio superiore della magistratu­ra, Giovanni Legnini, sostiene da tempo che il reato «va superato», aggiungend­o però che «il come e il quando spetta a governo e Parlamento deciderlo». Il ministro della Giustizia Andrea Orlando, che ha subito lo stop alla depenalizz­azione imposto da Renzi e dal suo collega dell’Interno Angelino Alfano, assicura che «con la delega contenuta nella riforma del penale, contrastan­do un uso simbolico e populistic­o, ci adopererem­o nel quadro di una ridefinizi­one delle regole che disciplina­no il fenomeno migratorio per il superament­o del reato di immigrazio­ne clandestin­a».

Le difficoltà derivanti da una maggioranz­a che tiene insieme centrosini­stra e centrodest­ra sono evidenti, ma quando il leader leghista Salvini invita i giudici a «lavorare di più e fare meno politica» il responsabi­le giustizia del Pd Ermini insorge a difesa di Canzio; con quali effetti pratici si vedrà. Il reato continua ad essere contestato dall’opposizion­e di sinistra, da Luigi Manconi e dal segretario di Radicali italiani Riccardo Magi, che bolla quella norma come «un feticcio ingannevol­e della demagogia securitari­a».

Ma all’inaugurazi­one dell’anno giudiziari­o non s’è parlato solo di immigrazio­ne. Il presidente Canzio ricorda che il contrasto al crimine organizzat­o e al terrorismo, «anche internazio­nale di matrice jihadista», va condotto «nel rispetto delle regole stabilite dalla Costituzio­ne e delle leggi dello Stato». Dopodiché sollecita «un intervento straordina­rio» per abbattere il debito pubblico giudiziari­o degli oltre 100.000 processi civili pendenti in Cassazione che non si riesce a smaltire. Riforme e autoriform­e dovrebbero agevolare la magistratu­ra a svolgere meglio il compito di applicare e interpreta­re norme che « chiare, precise, comprensib­ili e osservabil­i». Un tasto battuto anche dal procurator­e generale della Cassazione, Pasquale Ciccolo, insieme all’allarme lanciato sul pericolo che «la spettacola­rizzazione del processo» si trasformi , soprattutt­o attraverso le tv, in «veri e propri processi paralleli» che producono guasti anche in quelli che si celebrano nelle aule di giustizia.

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