Corriere della Sera

Sophia Loren: la vita? Non ho l’angoscia del tempo che passa

«Mia madre ha sempre sofferto in silenzio Io non credo alla vita che ho avuto» A 81anni testimonia­l di un rossetto e di un profumo. «Sono cose che possono succedere, non sono un’attrice che metti in un angolo». Il telefonino le fa paura, però su carriera

- Di Daniela Monti a pagina

Il marito «Quando l’ho incontrato, ero pronta per un’esistenza nuova Mi ha trasmesso quella forza silenziosa che ancora oggi mi aiuta Il successo È il risultato di una cosa che hai dentro e che forse non dipende neppure da te Un’energia confusa che fa accadere le cose

Io, al confronto, sono un miracolo», scherza Sophia Loren. Quando la sua collega Helen Mirren, a 70 anni, è diventata testimonia­l di un colosso dei cosmetici, la notizia è stata accolta con una certa soddisfazi­one, soprattutt­o femminile: l’imperfezio­ne (le rughe sul collo, le zampe di gallina agli occhi) per una volta avevano la meglio sul pensiero unico della giovinezza, «per un momento, grazie a lei, ci siamo sentite meno fragili», scriveva Ritanna Armeni. La Loren ha aspettato di compiere gli 80 anni — oggi ne ha 81 — per avere un rossetto con il suo nome e ora, sotto la regia di Giuseppe Tornatore («mi sono trovata benissimo con lui, è per bene») e con le musiche di Ennio Morricone, ha girato un corto per il lancio di un profumo (Dolce Rosa Excelsa, entrambi i progetti con Dolce e Gabbana). Rossetto e profumo, cioè i fondamenta­li della seduzione. A 80 anni. È un caso unico, ma lei sostiene che «al di là della battuta sul miracolo, sono cose che possono succedere, anche perché io non sono un’attrice che metti in un angolino e non ci pensi più. Sono fuori dal tempo, mi piace andare avanti, interessar­mi a tutto. Insomma, questa cosa del makeup non mi è sembrata così incredibil­e». Abbiamo visto com’è stata trattata la povera Carrie Fisher di Guerre Stellari, crocifissa sui social, dopo l’uscita dell’ultimo episodio, per essere «invecchiat­a malamente». Quando si parla di età (delle donne) diventano tutti censori e soloni. «Non ho l’angoscia del tempo che passa, ma l’insicurezz­a non mi ha lasciato mai nella vita. Però ho imparato che se hai un sincero interesse per ciò che fai, all’idea di affrontare una nuova avventura ti sale dentro una gioia che spazza via tutto. Io sono fatta così: incredibil­mente timida, appena si accende un riflettore mi lascio andare, non lo so neanch’io come, e le cose vanno bene. Tiro fuori il meglio di me, so stimolarmi da sola. Sono allegra, interessat­a un po’ a tutto, poi per le donne il makeup è una cosa carina, divertente».

Il telefonino mi fa paura

Quattro nipoti, ancora bambini (due dal figlio Carlo junior, Vittorio Leone e Beatrice Lara, e due da Edoardo, Lucia Sofia e Leonardo Fortunato). «Ami la nonna, solo la nonna?», è la domanda con cui chiude ogni telefonata con loro. «Li seguo, li guardo, li amo, sono sempre i più belli del mondo. Sono ancora troppo piccoli per farci un discorso serio, per cominciare a raccontare cosa ha fatto la loro nonna». Si impiccia poco nella loro educazione, «non cerco mai di inserirmi, sono i genitori che devono decidere, loro vogliono che i figli crescano in un certo modo». Niente Skype per tenere i contatti, anche se i piccoli vivono a Los Angeles e lei a Ginevra. «Qualche volta invio dei messaggi, ma quando prendo in mano il telefonino mi sento sotto esame, mi fa paura». Paura? «Sì, mi piace un’intesa precisa, una cosa che posso toccare, un discorso bello con un’amica che hai di fronte, queste cosine servono, ma non fanno per me». Si riguarda raramente e mai su Youtube, dove digitando il suo nome si trovano filmati follemente belli (anche lasciando da parte gli straordina­ri spezzoni dei suoi film). Lei che sventola il foglietto bianco, agli Oscar del 1999, e grida: Roberto! Lei che scende la scalinata mentre Gregory Peck l’aspetta per consegnarl­e l’Oscar alla carriera (era il 1991). «Tutto il cinema si era alzato in piedi, non mi sembravano più persone, ma giganti. Non riuscivo a parlare. Quell’Oscar è stata la più grande sorpresa della mia vita, non ho detto nulla ai miei figli finché non siamo entrati nel teatro». A volte, lo scorrere degli anni porta alla nascita di nuove passioni. Non per lei. «La mia passione è stata il cinema e quella continua ad essere». Nuovi progetti dopo «La voce umana» del 2014 in cui è diretta dal figlio Edoardo Ponti? «Devo pensarci bene, leggere, cercare dentro di me l’energia giusta per affrontare altre storie belle: quando hai vent’anni è più facile trovarne, poi tutto si complica».

Mai come mia madre

«Io non vengo da una scuola. Ancora adesso quando mi sveglio la mattina non credo alla vita che ho avuto, l’unico mio sogno era di superare la giornata. Andavo al cinema perché lì si poteva sognare di più e così riuscivo a concedere al mio cuore una speranza più grande della sopravvive­nza». La povertà è un elemento centrale della sua vita e non riesce a non parlarne (e di povertà aveva parlato pure Benigni in quella storica cerimonia degli Oscar: «Ringrazio i miei genitori perché mi hanno fatto il regalo più bello: la povertà»). Sono storie di un’Italia lontana. «Tutta la prima parte della mia vita è stata un soffrire in silenzio perché non volevo che mia madre se ne accorgesse, cercavo di essere gioiosa come Adele, la mia amica d’infanzia. Ma se in casa non ci sono i soldi per comprare qualcosa da mangiare e a letto non dormi per la fame, è dura».

Quando nel 1951 conosce il produttore Carlo Ponti «ero pronta per accettare una vita migliore, un’esistenza diversa da quella che aveva vissuto mia madre. Lei ha avuto una vita infernale, ma io no, ho avuto la fortuna di incontrare un uomo che mi ha trasmesso quella sua forza silenziosa che ancora oggi mi aiuta a superare le situazioni più difficili».

La vita fuori dal lavoro

Passione per il lavoro e insieme consapevol­ezza di quanto sia importante avere una vita fuori dal lavoro. In questo Sophia Loren è modernissi­ma, dà punti a tutte le donne di oggi che non credono più si possa avere tutto: famiglia e carriera. «L’esplosione che ha avuto la mia carriera è stata una sorpresa, soprattutt­o per me. È il risultato di una cosa che hai dentro e che forse dipende da te, forse dipende da altre persone, chissà. È un’energia confusa che fa sì che accadano cose che non avevi neppure la forza di sognare. Ma nella vita una donna non può volere solo il lavoro. Non io. Mai».

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