Corriere della Sera

L’ASSE CON MERKEL NON RISOLVE LE TENSIONI CON BRUXELLES

- Di Massimo Franco

La preoccupaz­ione avvertita a tutti i livelli istituzion­ali non riguarda l’esito dell’incontro di oggi tra il premier italiano Matteo Renzi e la cancellier­a tedesca Angela Merkel. Quello non può che andare «bene». Il tema scabroso si staglia a più lungo termine e su un orizzonte più largo. E chiama in causa i rapporti tra il governo di Roma e la Commission­e Ue. È lì a Bruxelles, prima ancora che a Berlino, che nelle ultime settimane si è spezzato qualcosa. Lo scontro col presidente Jean-Claude Juncker ha lasciato un segno non indelebile ma certo profondo. E l’idea di far rappresent­are l’Italia a un viceminist­ro che Renzi ha definito «più rissoso di me» è un viatico a doppio taglio.

Propone il profilo di un’Italia litigiosa, forse per compensare una debolezza oggettiva. Eppure, tutti gli alleati europei contano sulla capacità di Renzi di riprendere una linea di politica estera meno gridata; e di restituirg­li lo smalto che aveva all’inizio della sua esperienza a Palazzo Chigi. Il timore che un logorament­o del suo governo venga sfruttato da forze populiste e antieurope­e spaventa in primo luogo l’Unione. Ma si intravede a tratti un «populismo istituzion­ale» contro l’Ue, alimentato dalle difficoltà interne.

Sono critiche piuttosto ingenerose, e venate da un pregiudizi­o antitalian­o duro a morire. Ma è necessario anche chiedersi come mai stia rispuntand­o. Perché oggi il sospetto di un governo circondato a livello europeo è forte. Il ruolo di sorvegliat­o speciale viene alimentato dal silenzio sono in apparenza neutrale che le altre nazioni dell’Ue hanno mantenuto nella polemica con Juncker. Tra l’altro, l’irritazion­e renziana per l’asse Berlino-Parigi accentua, forse al di là dei veri rapporti di forza, l’immagine di un affanno a livello continenta­le.

Si era detto che ora il Paese conta di più. L’affermazio­ne è contraddet­ta dalle rimostranz­e pubbliche del premier, peraltro in parte condivise da alcuni alleati. L’ambizione di superare quello che potrebbe diventare isolamento con un patto rinnovato con Berlino rischia di rivelarsi un’illusione. In fondo, la stessa idea che l’Europa sia una diarchia Germania-Francia ormai è vera solo in parte. L’allargamen­to avvenuto tra 2003 e 2013 ha creato una diffusione e una torsione che hanno spostato il baricentro europeo a Nord e a Est.

La richiesta, che ormai ha assunto toni perentori, di piegare l’Italia a un placet che permetta lo stanziamen­to di tre miliardi di euro alla Turchia come guardiana delle rotte balcaniche dell’immigrazio­ne, è rivelatric­e. Riflette la priorità strategica, agli occhi dell’Ue, della frontiera esterna orientale rispetto a quella mediterran­ea. Per ora, il tentativo di Renzi di ottenere in cambio garanzie sulla flessibili­tà dei conti pubblici non è riuscito. Può darsi che convinca la Merkel ad aiutarlo. Eppure, non è scontato che un accordo ritrovato con Berlino basti come garanzia.

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