«H
o le mie idee, ma le devo mettere da parte». Ecco la risposta che i consiglieri di Sergio Mattarella si sono sentiti spesso ripetere, quando i soprassalti della politica chiamavano in causa il presidente e loro gli domandavano come si sarebbe orientato. Frase rivelatrice, perché dimostra quanto questo capo dello Stato si sia imposto, nel primo anno al Quirinale, un distacco da tutto, perfino da certe sue intime convinzioni, in nome della neutralità. Un approccio alla carica che ci permette di archiviare — almeno per ora — la definizione di «re della Repubblica» usata e abusata da tempo per segnalare, con quell’ossimoro concettuale, l’accresciuta influenza della nostra massima istituzione.
La svolta non dovrebbe sorprendere. Nel discorso d’insediamento Mattarella si assegnò la funzione dell’«arbitro imparziale», chiedendo «la collaborazione dei giocatori». Con la metafora sportiva sottintendeva un programma. E sceglieva per sé l’interpretazione più tradizionale, e con minore impatto pubblico, nello schema binario cui i presidenti si sono tenuti nell’esercitare i propri poteri. Cioè la veste di «garante» della Costituzione piuttosto che quella di suo «custode attivo», pronto a dispiegare a fisarmonica le prerogative assegnategli dalla Carta e dalla prassi. Per capirci: Scalfaro e Napolitano si sono sentiti «necessitati» a farsi interventisti fino a dirigere la politica a causa delle torsioni democratiche e della crisi di sistema che l’Italia attraversava (infatti, il primo evocò nel 1992 «rischi di guerra civile» e il secondo, nel 2013, parlò di «tempi eccezionali»).
Una strada che Mattarella non ha imboccato. Per un senso di più stretta disciplina costituzionale, nella speranza che si normalizzasse il quadro politico. Ma un po’ anche per carattere e stile. Ne ha pagato qualche prezzo in termini di comprensione, agli inizi, dato che gli italiani si erano abituati a capi dello Stato sempre sulla scena e prodighi di esternazioni, con i quali fare i conti, magari per contestarli. Mentre lui, per la laconicità e i toni con cui si esprime, per la sua stessa fisiognomica di persona timida e mite, trasmette sensazioni lontane da ogni agonismo politico. Apparendo semmai dominato