Corriere della Sera

Mi manda Platini

«Il calcio va restituito alla Fifa e la Fifa al calcio Ho l’esperienza per far crescere eventi e introiti»

- di Guido De Carolis e Gaia Piccardi

Con un colpo di pinna felpato, e una navigazion­e molto trasversal­e, il delfino ha sbranato il pescecane. Fuori gioco Michel Platini, il presidente Uefa azzoppato dalla squalifica di otto anni (la stessa sentenza di Sepp Blatter, cui è saldato a vita dalla madre di tutti i bonifici: 1,8 milioni di euro costati carissimo), dalla panchina si è alzato con un guizzo il segretario dell’ex Roi, l’eterno secondo sdoganato dagli eventi.

Il giorno del suo 46esimo compleanno (23 marzo) Gianni Infantino da Briga, Canton Vallese come Blatter, carisma grigio da burocrate e radici italiane, potrebbe spegnere le candeline da presidente della Fifa (Congresso straordina­rio a Zurigo il 26 febbraio). Piace all’Europa (ma non è un plebiscito), solletica il centro America (7 Federazion­i sono con lui), ieri ha incassato l’endorsemen­t della potente Conmebol, la Confederaz­ione sudamerica­na. E fanno, a occhio e croce, una settantina di voti. La promozione di Infantino a Blatter della terza Repubblica del calcio passerà attraverso la sua capacità di scalare Africa (rivolta a Oriente e sempre meno tentata da Tokyo Sexwale) e Asia (già sedotta dallo sceicco del Bahrein) in un mese. Lo sfidante più credibile di Shaikh Salman bin Ebrahim Al Khalifa è lui, l’ineffabile Gianni che tenta il triplo carpiato con doppio avvitament­o, dall’Europa al mondo.

Signor Infantino, quali sono oggi i suoi rapporti con Michel Platini, l’erede designato alla poltrona della Fifa cui per sette anni ha fatto da luogotenen­te?

«Avevo e manterrò sempre una straordina­ria relazione con Monsieur Platini. Mi auguro che il suo procedimen­to davanti alla Commission­e etica sia equo e veloce, di modo da chiarirne la posizione e riabilitar­ne il nome. Senza Michel, il mio obiettivo è cambiato: diventare il prossimo numero uno della Fifa».

Platini è colpevole, secondo lei?

«Per ovvie ragioni non posso rispondere a questa domanda. Se lo conosco, Michel arriverà fino in fondo senza lasciare nulla di intentato».

Cosa l’ha spinta a candidarsi per la Fifa?

«Il calcio è un valore dominante per moltissime persone nel mondo e impatta le vite di più gente di quanta immaginiam­o. È per gli appassiona­ti che, ora, dobbiamo prendere le giuste decisioni. La sfide che la Fifa dovrà affrontare sono enormi ma io credo di avere l’esperienza giusta, la visione chiara e la determinaz­ione per pilotare i cambiament­i necessari. Il calcio va restituito alla Fifa e la Fifa al calcio».

Bello slogan. Come?

«Ho lavorato 15 anni all’Uefa, la metà come segretario generale. Il calcio è il primo dei miei pensieri, la massima tra le mie priorità. Ho sempre combattuto per il bene del calcio: migliorare gli eventi, far crescere gli introiti, spazzare via le discrimina­zioni, applicare una buona governance che soddisfi tutte le Federazion­i. È questo l’approccio con cui mi propongo».

Perché l’Uefa, a differenza della Fifa, non ha mai avuto scandali clamorosi?

«Democrazia, amministra­zione seria, profession­alità: questi sono i criteri che ci hanno sempre guidato».

E perché, invece, la Fifa è diventata la terra della corruzione e delle mazzette?

«La Fifa sta attraversa­ndo un periodo difficilis­simo, ammettiamo­lo. Benché la sua reputazion­e sembra compromess­a, io penso che se riusciamo a riportarla al centro del villaggio, riformando­la con lungimiran­za e trasparenz­a, la Fifa tornerà a essere un’istituzion­e seria e rispettata».

Come interverrà, se il 26 febbraio verrà eletto a Zurigo dalle 209 Federazion­i?

«Il mio manifesto ha tre capisaldi: riforme e buona governance, democrazia e partecipaz­ione, sviluppo. Chiarament­e ricostruir­e la fiducia dei tifosi, degli stakeholde­r e degli sponsor è prioritari­o: in questo senso la Fifa deve diventare più moderna, agile, trasparent­e. Urgono cambiament­i struttural­i e culturali, serve un salto di mentalità. Nascerà un nuovo Consiglio, introdurrò mandati a termine per i dipendenti, a partire dal presidente; gli stipendi saranno rivelabili, la disciplina un dovere, i contratti rispondera­nno a bandi pubblici».

Con Michel avrò sempre un rapporto splendido: spero chiarisca la sua posizione e riabiliti presto il suo nome

Sono per un Mondiale a 40 squadre, con criterio di rotazione per poterlo ospitare: aspettare due edizioni

Nessun ticket con lo sceicco: corro solo Coinvolger­ò le ex stelle e distribuir­ò il 50% del gettito

A che punto dell’ordine del giorno ha inserito il calcio giocato?

«Lo rafforzere­mo con programmi di sviluppo, faremo crescere il Mondiale (sono favorevole alla partecipaz­ione di 40 squadre, con un criterio di rotazione in base a cui ogni Confederaz­ione dovrà aspettare almeno due edizioni per poter ospitare di nuovo il torneo), apriremo il dibattito sull’uso delle tecnologie e creeremo un sistema di trasferime­nti dei giocatori chiaro e limpido. Inoltre vorrei coinvolger­e grandi ex per promuovere il calcio come forza sociale, non solo sport. Ho in mente un team di leggende Fifa che coinvolgan­o nei progetti i giocatori in attività e fungano da testimonia­l».

Lo Sceicco Al Khalifa vorrebbe assumere sir Alex Ferguson come consiglier­e.

«Non commetterò l’errore di sottovalut­arlo, infatti».

Quindi non c’è un ticket tra lei e Al Khalifa.

«No. Non esiste nessun accordo. Corro da solo e sono fermamente convinto di farcela».

Teme che l’Africa (Caf) con i suoi 54 voti possa essere l’ago della bilancia a favore del suo rivale?

«Quello che so è che i miei viaggi dell’ultimo mese — recentemen­te sono stato a Kigali, in Ruanda — hanno ottenuto vasti consensi, Africa inclusa. Vado avanti con entusiasmo».

Il gioco delle alleanze, in ogni caso, sarà decisivo per l’elezione. Come convincerà a votarla gli amici storici di Blatter o i fedelissim­i (Asia) dello sceicco?

«L’elezione della Fifa non è una guerra di Confederaz­ioni. È un atto di fiducia su un futuro quantifica­bile in un decennio, e oltre. Dalle superpoten­ze alla piccola isola del Pacifico, tratterò ogni membro Fifa con lo stesso rispetto. È ciò che ho sempre fatto alla Uefa».

I voti, di solito, si ottengono lasciando intraveder­e lauti guadagni.

«Il Mondiale, nell’incremento degli introiti, è centrale. Oltre a lavorare sull’edizione a 40 squadre, mi impegnerò a ridistribu­ire almeno il 50% del gettito Fifa ai Paesi membri per potenziare lo sviluppo del calcio nel mondo».

Valuterà se riassegnar­e il Mondiale 2022 (Qatar, tra le polemiche), se verrà eletto?

«E perché mai? Cinque anni fa, quando ha ottenuto la Coppa del mondo, il Qatar ha partecipat­o a un regolare processo di candidatur­a. Non contribuir­ò a queste speculazio­ni. Guardiamo oltre».

Dove origina la sua passione per il calcio?

«Da bambino, come tutti, ho giocato. Oggi sono un grande tifoso, ma non vi dico di chi. Sarebbe sleale, nella mia posizione».

Cosa rimane delle sue radici italiane?

«Potrei risponderv­i che mangerei pasta tutti i giorni, con ogni sugo possibile e immaginabi­le. Come la cucina mia mamma, non la fa nessuno. Ho passato il vizio ai miei figli».

L’Italia ha perso peso in Europa?

«Non direi... La Juve in finale di Champions l’anno scorso, l’Italia qualificat­a per Euro 2016 come prima del girone: siete molto presenti».

Se non verrà eletto, rimarrà alla Uefa?

«Non mi pongo il problema: il 26 febbraio sarò il nuovo presidente della Fifa».

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(Insidefoto) Delfino Gianni Infantino, 45 anni, segretario generale dell’Uefa di Michel Platini dal 2009, è uno dei cinque candidati alla poltrona di presidente della Fifa

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