«Fisco tutto da cambiare Va colpito il sommerso»
Onorevole Zanetti, contento della promozione da sottosegretario a viceministro dell’Economia?
«Fa piacere — risponde Enrico Zanetti ( foto), all’indomani del rimpastino di governo deciso dal premier Matteo Renzi —, ma ancora di più la nomina di Antimo Cesaro ai Beni culturali. Scelta civica non ha numeri decisivi nel Palazzo e questo vuol dire che viene riconosciuto un valore aggiunto in termini di qualità e credibilità politica, non di pallottoliere dei voti al Senato. Un successo straordinario che spero faccia riflettere quell’8,3% di italiani che ci aveva votato prima di disamorarsi a causa della pessima e autoreferenziale gestione del partito da parte del precedente gruppo dirigente».
Di che cosa si occuperà?
«Le deleghe sono in corso di definizione, ma saranno prevedibilmente un ampliamento delle attuali in ambito fiscale e di mercati finanziari».
Lei è noto per la sua competenza fiscale e spesso è intervenuto per condizionare le scelte del governo, nonostante la delega sul Fisco sia del viceministro Casero. Ora cosa dobbiamo aspettarci?
«La stessa reazione di prima però moltiplicata per due. Mi rendo conto che c’è chi è spaventato dall’impressione che io vorrei cambiare un po’ tutto nel Fisco, ma è una paura giustificata perché ci sarebbe proprio da cambiare quasi tutto. In ogni caso, al di là delle deleghe, il Fisco è materia strategica troppo importante per il nostro partito perché io da segretario me ne disinteressi».
Non crede che Scelta civica sia sovra rappresentata per essere un partito non in grado di superare le soglie di sbarramento dell’Italicum?
«La ringrazio per la domanda che spero leggeranno alcuni miei colleghi di partito. Scherzi a parte, noi non siamo una alchimia di palazzo per cui valgono solo i sondaggi. In Parlamento rappresentiamo quasi 3 milioni di voti».
In ogni caso Scelta civica non può pensare di correre da sola. Si presenterà col Pd?
«Noi siamo terzi rispetto al centrodestra e al centrosinistra ante 2014, ma non equidistanti rispetto a questa involuzione populista del centrodestra
ed evoluzione riformista del Pd. Allo stato attuale, dove si può ragionare di alleanze, l’unico interlocutore possibile è il Pd, ma da casa nostra e con la nostra autonomia».
Ma cosa vi differenzia principalmente dal Pd?
«Non abbiamo la sinistra interna e non abbiamo nessuna ansia di definirci di centrosinistra. Rappresentiamo senza compromessi quel riformismo storicamente riconducibile all’area liberale e repubblicana che in Italia non sarà mai maggioritaria, ma che, se capace di organizzarsi e interpretarsi, non sarà mai marginale. Inoltre in Europa guardiamo all’Alde (partiti di centro, ndr) e non certo al Pse (socialisti, ndr) ».
Pensa che l’idea del partito della nazione sia buona?
«Se si intende una vera evoluzione politica come lo furono i passaggi dal Pds si Ds e poi al Pd, penso sia la naturale risposta a un forte movimento antisistema come 5 Stelle, al sopravvento a destra del lepenismo sui moderati e all’incapacità della sinistra di accettare
che nel centrosinistra possa essere il centro a tirare le fila. Se invece intende semplicemente il Pd tal quale è oggi con le rincorse a Sel, penso invece sia un gigantesco equivoco in cui rischia di lasciarci le penne per primo Renzi».
Padoan parla di record sul recupero dell’evasione. Ma sappiamo che è dovuto a operazioni straordinarie (split payment, reverse charge, accordo Apple).
«La lotta all’evasione farà veri progressi quando cominceremo a farla per quello che deve essere: lotta alla illegalità di chi è sommerso, non caccia al gettito di chi è già emerso».
Alle Amministrative?
«Saremo presenti in quasi tutti i Comuni sopra i 15 mila abitanti con la rete delle liste civiche dei Cittadini per l’Italia e, nei grandi centri, assieme ai Moderati di Portas. Siamo l’unico partito non riconducibile al vecchio centrosinistra che il Pd accetta come alleato non solo tattico, ma anche strategico sui territori».