Corriere della Sera

Ministero dello Sviluppo, campagna acquisti al ribasso

- Di Dario Di Vico

Del recentissi­mo rimpasto del governo Renzi si è parlato molto in chiave di mappatura politica, meno si è riflettuto finora sulle conseguenz­e che avrà su un ministero-chiave, quello dello Sviluppo economico (Mise). Il dicastero di Via Veneto ha visto confermato il ministro (Federica Guidi) ma sono cambiati tutti gli altri componenti della squadra. Anche se in più tappe sono usciti il viceminist­ro Claudio De Vincenti e il sottosegre­tario Simona Vicari e il 21 marzo se ne andrà anche l’altro viceminist­ro Carlo Calenda. Al loro posto sono arrivati — nell’ordine — l’ex sindacalis­ta della Cgil Teresa Bellanova e l’editore calabrese Antonio Gentile. Il terzo sarà un esponente del Pd, Ivan Scalfarott­o. Pesando gli uni e gli altri la conclusion­e è facile: il ministero si è fortemente indebolito per altro in un fase in cui il rilancio degli investimen­ti è centrale per far ripartire il Pil con la necessaria velocità. I confronti diretti tra le singole persone sono sempre antipatici ma è chiaro che per sostituire degnamente due pesi massimi come De Vincenti e Calenda ci sarebbero volute scelte più coraggiose e meno condiziona­te da quella politica romana che una volta il Rottamator­e sosteneva di aborrire. E invece oltre all’incredibil­e repechage di Gentile in molti sono convinti che la promozione della Bellanova sia dovuta al suo appassiona­to intervento nella serata inaugurale della Leopolda. Quanto a Scalfarott­o, sicurament­e parla bene l’inglese e ha nel curriculum esperienze di direzione del personale in banche internazio­nali, ma di export — la sostanza del portafogli­o (e del successo operativo) di Calenda — è completame­nte a digiuno. E siccome le esportazio­ni sono state la grande ciambella di salvataggi­o del sistema-Paese nei lunghi sette anni della recessione la constatazi­one non induce certo all’ottimismo. La verità è che nella nuova geografia delle competenze del governo Renzi sui temi dell’industria prevarrà una distribuzi­one multipolar­e. Conterà di più Palazzo Chigi grazie proprio a De Vincenti e al neonominat­o Tommaso Nannicini, continuerà a dire la sua il Mef e peserà moltissimo anche la nuova Cassa Depositi e Prestiti targata Costamagna, che ha nella sua mission le operazioni più delicate di politica industrial­e top down e persino una banca per l’export. Le rognosissi­me crisi aziendali resteranno invece in capo al Mise. Intanto il ministro Guidi che aveva annunciato per il 10 febbraio un evento-clou, gli «Stati generali dell’industria», ha rimodulato il programma. Nella data indicata si limiterà a esporre alla stampa un documento di indirizzo e solo dopo una consultazi­one pubblica di due mesi organizzer­à la conferenza vera e propria. Che il Pil ci perdoni.

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