De Mistura, l’uomo delle missioni (quasi) impossibili
Tempi duri per Staffan de Mistura. Nel luglio 2014, quando accettò da Ban Kimoon l’incarico di inviato speciale per la Siria, era ben consapevole che la strada era tutta in salita. Ma adesso il fallimento pare dietro la porta. Una brutta storia per la diplomazia Onu: già penalizzata negli ultimi giorni dalla vicenda in Libia e il non decollo del governo di unità nazionale architettato prima dal diplomatico spagnolo Bernardino León e adesso dal tedesco Martin Kobler. Ma de Mistura è abituato agli incarichi difficili. Nato a Stoccolma nel 1947 da madre svedese e padre italiano, lavora giovanissimo all’Onu sulle zone di crisi dall’Africa all’Asia. Nel 1999 il Consiglio dei ministri gli conferisce la cittadinanza italiana per i meriti nel campo diplomatico e umanitario. Per l’Onu lavora nel Libano del Sud, poi in Iraq negli anni pericolosi 2007-2009, quindi in Afghanistan. Per l’Italia si occupa da viceministro degli Esteri della vicenda dei due marò, e nel maggio 2013 è inviato speciale presso il governo indiano. Ma un anno dopo viene richiamato lasciando uno strascico di polemiche. Ora l’impegno siriano. In autunno è stato tra gli sponsor della conferenza di Vienna per il dialogo tra Teheran e Riad, che però non ha funzionato.