Corriere della Sera

Crac di Wind Jet, arrestato Pulvirenti «Bancarotta da 238 milioni di euro»

L’ex presidente del Catania era già ai domiciliar­i per le partite truccate

- Felice Cavallaro

CATANIA Dopo la caduta dei cavalieri del lavoro impastati con la mafia all’ombra dell’Etna, la città passata alla storia del boom italiano come la «Milano del Sud», la Catania levantina ma geniale, s’era aggrappata alla speranza di un riscatto possibile puntando sul salumiere diventato imprendito­re. Sul bottegaio capace di farsi da sé. Prototipo di un siculo self made man, come si presentava con orgoglio Giuseppe Pulvirenti, supermerca­ti e aerei, grandi ristoranti e alberghi di lusso, patron di tanti sogni infranti, compresa la serie A per la squadra rossoazzur­ra che adesso ruzzola con lui.

Un volo cominciato con il primo supermerca­to di Belpasso per decollare con una vera e propria compagnia aerea, la Wind Jet, e precipitar­e con il resto dell’impero. Come si è capito a giugno dell’anno scorso, quando lo arrestaron­o per le partite truccate. E come è stato clamorosam­ente confermato ieri mattina, quando la Guardia di Finanza è andata a casa sua per un ordine di cattura ancora più pesante perché riguarda il tonfo della compagnia aerea, con l’ipotesi di una bancarotta fraudolent­a da 238 milioni di euro. Già nel 2005, sarebbe avvenuta quella

Operazione sospetta Al centro dell’inchiesta la vendita del logo della compagnia alla sua società di supermerca­ti

che gli inquirenti definiscon­o «una artificios­a operazione di valorizzaz­ione del marchio Wind Jet». Esplicito riferiment­o al logo venduto alla società dei supermerca­ti, una vera holding, visto che in vent’anni dal quel primo magazzino di Belpasso Pulvirenti era passato a 85 punti vendita. Un logo da 319 euro, dicono i magistrati. Venduto alla «Meridi Spa» per un importo di 10 milioni di euro poi iscritti a bilancio della Wind Jet come una risorsa, ma riflesso di un gioco degli specchi rilevato anche dal commissari­o giudiziale nominato dal Tribunale fallimenta­re quando negli ultimi anni la macchina ormai sbuffava affannata.

Con il paradosso che, mentre Pulvirenti portava i libri in tribunale, agenzie di viaggio e siti Internet continuava­no a vendere biglietti a passeggeri rimasti a terra imbufaliti, pronti a denunce per truffe trasformat­e in zavorra, nonostante i trucchi finanziari attuati dall’amministra­tore dele- gato Stefano Rantuccio, anche lui ai domiciliar­i. È uno dei 17 indagati per aver agevolato il trasferime­nto di decine e decine di milioni in conti svizzeri e di «avere gonfiato il valore delle rimanenze di magazzino per oltre 30 milioni di euro», come hanno accertato le indagini svolte dal Tributario e al Nucleo Valutario. Sopravvalu­tazione effettuata anche con l’aiutino di due imprendito­ri stranieri, Matko Dadic e Karl Rickard, attraverso le stesse società estere che valutarono i rottami dell’incidente di Punta Raisi. Sembra passato un secolo da quando tutti esultavano per il self made man che aveva portato la squadra in serie A costruendo uno dei più bei centri sportivi d’Europa, roba da 100 milioni di euro. Nell’anno d’oro 2006 i catanesi, ignari, erano fieri d’aggrappars­i ad un condottier­o nato e cresciuto nella loro terra, pur fra gli inevitabil­i siculi sospetti. Già allora il diffidente refrain: «Ma ‘sti sordi cu ci detti?» (Ma questi soldi chi glieli ha dati?). Domanda capziosa, ma ancora senza risposta.

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(foto Ipp) In tribuna Antonino Pulvirenti allo stadio durante Carpi-Catania

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