«Tempi brevi per la fusione Bpm-Banco»
Saviotti: «Fiducioso sulla trattativa». L’allarme della Fabi sulla governance. S&P: il Paese guadagna slancio
«Tempi brevi» per chiudere il tavolo della fusione Bpm-Banco Popolare. La previsione è di Pierfrancesco Saviotti, ceo della banca veronese, uscito allo scoperto due giorni dopo il summit del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, con i capiazienda di Ubi Banca, Victor Massiah, e di Bpm, Giuseppe Castagna, per discutere delle possibili aggregazioni sul tavolo: «Non abbiamo ancora chiuso, stiamo trattando con molto impegno e sono fiducioso che si possa chiudere con un risultato positivo in tempi brevi», ha spiegato. Anche Padoan è tornato sul tema: il sistema bancario «è solido» e si rafforzerà «anche attraverso aggregazioni».
La strada sembra tracciata ma l’operazione Milano-Verona è ancora da mettere a punto nei dettagli finanziario-patrimoniali e governance. C’è da superare l’ostacolo maggiore, e inedito, nello scenario delle fusioni, la Bce, e i banchieri non possono permettersi di sbagliare. Secondo diversi scenari, a causa soprattutto del fardello di sofferenze del Banco la Superpopolare si troverebbe con un deficit di capitale. Equita sim lo stima in 1,5 miliardi da colmare con operazioni straordinarie, come la cessione di Agos-Ducato, o con un aumento di capitale.
L’altro nodo è la governance. Il passaggio è molto delicato e ieri il segretario generale della Fabi, Lando Sileoni, ha chiesto che «all’assemblea venga presentata la struttura della nuova governance già con l’avvallo formale preventivo della Bce, per scongiurare il rischio di una revisione ex post». Il voto dei sindacati è decisivo nell’assise di Bpm e il consenso va tutto costruito. Per questo i due schieramenti stanno discutendo su come limare organizzazione e poltrone per rendere la banca post-fusione più in armonia con la visione di Francoforte: attualmente sono previste due sedi, Milano e Verona, Carlo Fratta Pasini presidente, Saviotti alla guida del comitato esecutivo, Castagna ceo, 19 amministratori, la Bpm spa autonoma per sei anni con un suo board. Un’articolazione molto complessa che potrebbe sollevare perplessità a Francoforte.
Ma con Bpm e Banco ormai nubende resta senza soluzione il problema più urgente per il governo, quello di Mps. Massiah ha tentato di ottenere l’appoggio dell’esecutivo per una fusione Ubi-Bpm-Mps, ma Castagna ha escluso l’opzione a tre (tutt’al più per Milano resta teoricamente in piedi l’ipotesi Bpm-Ubi).
Ieri l’amministratore delegato senese, Fabrizio Viola, si è espresso con favore per un matrimonio con Ubi. Ma Massiah ha sempre espresso ritrosia per operazioni che non creano valore. Per tornare a valutare di nuovo Siena deve convincere anche i suoi azionisti bresciano-bergamaschi. Il ritorno all’utile (sia pure una-tantum) di Mps potrebbe agevolare la partita, così come la neonata garanzia pubblica (Gacs) sui crediti deteriorati per facilitare la cessione delle sofferenze. Ieri i vertici tecnici del Tesoro, Fabrizio Pagani e Alessandro Rivera, hanno spiegato lo strumento — molto complesso — a circa 800 investitori in una maxiconference call organizzata dagli advisor Mediobanca e Jp Morgan. Secondo S&P la Gacs è un’opportunità» ma non sarà una «cura istantanea» per il sistema bancario, che piuttosto beneficerà dell’economia del Paese che «guadagnerà slancio», sostiene l’agenzia di rating, con un +1,3% quest’anno e un +1,4% nel 2017.