Corriere della Sera

Saviotti: con Bpm firmiamo subito o non si fa più

L’amministra­tore delegato del Banco Popolare: aggregazio­ne? Entro un mese

- DAL NOSTRO INVIATO F. Mas.

TORINO Erano nel grande salone del Lingotto uno a poca distanza dall’altro, Pierfrance­sco Saviotti e Giuseppe Castagna, gli amministra­tori delegati del Banco Popolare e della Bpm, gli istituti candidati a un’aggregazio­ne che darebbe vita al terzo polo bancario. «Il tempo è maturo ma il diavolo sta nel dettagli » , metteva le mani avanti Castagna, «Speriamo di chiudere presto, anche per la mia salute psicofisic­a». Il capoaziend­a dell’istituto veronese, 73 anni, banchiere di lungo corso, si mostrava più tranquillo ma altrettant­o determinat­o. «Sono sereno, finito il Forex torniamo a lavorare, ora forse in modo più intenso viste le problemati­che e le opportunit­à», dice Saviotti. «C’è molto impegno da parte di tutti e due. Sono fiducioso che chiuderemo positivame­nte entro due-tre-quattro settimane. Ma se non si chiude entro breve, non si chiude più. Personalme­nte sono convinto che ci si possa arrivare, ma non sono io quello che decide. Sarebbe una soddisfazi­one concludere la mia attività profession­ale con questa soluzione che io considero di successo anche per il Paese». Si dice che sia la governance il tema più delicato: troppe poltrone in gioco, troppi portatori di interessi da mettere d’accordo, soprattutt­o a Milano. «Ci sono tante cose da sistemare, quando ci si mette assieme. Ma siamo due banche uguali, abbiamo lo stesso dna, siamo due banche del territorio».

Saviotti si ritaglia il ruolo di padre nobile: «Si dice che io

L’operazione «La cosa fondamenta­le in una banca è una sola: che ci sia solo uno che comanda»

possa occupare il ruolo di presidente del comitato esecutivo. Ma la cosa fondamenta­le in una banca è una sola: che ci sia solo uno che comanda. E questa persona è l’amministra­tore delegato. Io mi sono tirato indietro volontaria­mente. Se ci fosse stato un manager che non conoscevo forse sarei stato più attento nella decisione. Ma qui è venuta naturale: hai una certa età, hai ancora un anno circa di mandato, c’è da fare un’aggregazio­ne, c’è un amministra­tore delegato — Castagna — che conosco, con cui ho lavorato assieme fin dalla Comit: è uno competente, bravo, capace, e so che farà bene». Gli analisti stimano che dopo la fusione ci sarà un deficit di capitale: «Gli analisti scrivono tante cose giuste, e tante no. Io copro oggi al 44% tutti i crediti deteriorat­i, ho un livello Srep (il minimo di capitale richiesto dalla Bce, ndr) del 9,55% e sono già al 12%: come fa a esserci un deficit di capitale? Voi scrivete che la Milano è una banca particolar­mente robusta in termini patrimonia­li. Loro hanno meno sofferenze, noi siamo più grandi di loro; messe insieme saranno una buona banca». Ma il diavolo sta nei dettagli.

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