La Turchia accusa «Caccia russo ha violato il nostro spazio aereo» La Nato avverte Mosca
GERUSALEMME Lo Zar e il Sultano si scontrano ancora una volta nei cieli sempre più affollati della Siria. La frontiera tra la Turchia e il Paese in guerra ormai da cinque anni sembra non esistere per i ribelli che la attraversano tra movimenti di armi e miliziani, non viene rispettata neppure dai jet russi che sconfinano mentre sono impegnati nei bombardamenti in aiuto del regime di Bashar Assad.
I due mesi passati dall’abbattimento del Sukhoi-24 non sono serviti a ridurre le tensioni tra Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdogan. Stesso scenario venerdì poco prima di mezzogiorno: un jet russo vola dove non dovrebbe — è il più moderno e potente Su-34 i turchi avvertono, minacciano, lanciano segnali via radio, l’incidente dura qualche secondo. Resta quella che Ankara considera una violazione e un’offesa: l’ambasciatore di Mosca è stato convocato, le minacce e gli avvertimenti ripetuti, Erdogan ha chiesto un incontro con Putin. «Siamo un Paese che appartiene alla Nato, queste trasgressioni riguardano tutta l’Alleanza, i russi saranno responsabili delle conseguenze». Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato, interviene per calmare i due contendenti ma ammonisce: «I russi devono evitare che questi episodi si ripetano».
Putin ha dato ordine di armare i Sukhoi-34 con missili aria-aria dopo che i jet turchi avevano centrato alla fine di novembre dell’anno scorso uno dei suoi aerei impegnati in Siria. Il segnale è evidente: se i turchi vogliono il duello nei cieli, siamo pronti a rispondere. Ormai Mosca e Ankara stanno sue due barricate opposte: la Turchia sostiene i ribelli che combattono il presidente Assad, la Russia li bombarda. Erdogan annuncia di voler incontrare Putin, è difficile che i due presidenti possano trovare dei punti di contatto, le ritorsioni sono ormai anche economiche, le due nazioni cercano mercati e alleati diversi.
La crisi ha spinto la Turchia a riavvicinarsi a Israele, le relazioni si erano interrotte dopo l’assalto dell’esercito israeliano alla Mavi Marmara, la nave che voleva rompere il blocco attorno alla Striscia di Gaza: ci sono voluti quasi sei anni, le scuse del primo ministro Benjamin Netanyahu, i 20 milioni di dollari come risarcimento per i parenti delle nove vittime. Ma a far superare le divisioni sono stati soprattutto i cambi di coalizione nel Levante.
Lo scontro si acuisce nei giorni in cui i diplomatici cercano di trovare una soluzione al conflitto siriano, i morti sono ormai 300 mila, le Nazioni Unite hanno smesso di contarli. Dai colloqui di Ginevra sono stati esclusi i curdi — su pressione di Erdogan che teme un rafforzamento dei movimenti indipendentisti —e i delegati Caso diplomatico Convocato l’ambasciatore «Un caso che riguarda tutta l’Alleanza»
se ne sono andati dalla Svizzera, anche se rappresentano una delle forze più importanti nella lotta contro lo Stato Islamico. Il Califfato è l’obiettivo proclamato della campagna voluta da Putin, in realtà i suoi raid si concentrano sui gruppi che si oppongono al clan di Assad.