L’azienda «morale»
Facebook vieta la vendita di armi tra privati sul social network. Ecco le regole che guidano il comportamento del miliardo e mezzo di utenti
Quindici minuti. Tanto bastava fino a ieri per comprare una pistola su Facebook o su Instagram. Maggiorenni o minorenni, per l’acquisto non era necessaria nemmeno una carta d’identità. In vetrina, virtualmente parlando, si trovava di tutto. Semi automatiche con l’impugnatura in plastica rosa, rivoltelle con il calcio intarsiato e fucili d’assalto. Tutto per poche centinaia di dollari.
Facile come mettere un like. E difficile da credere. Il meccanismo era immediato: ci si collegava ad una delle centinaia di pagine, ci si metteva in contatto con i venditori amatoriali, si prendevano accordi per transazione e spedizione. E il «gioco» era fatto. Ora, però, da Menlo Park, sede del più popoloso social network della terra, ci hanno ripensato. E la responsabile di prodotto Monika Bickert ha dato l’annuncio: «Da oggi su Facebook e su Instagram sarà vietata la vendita di armi da fuoco tra privati».
A denunciare l’esistenza di centinaia di profili utilizzati per il commercio di armi, tra i primi, era stato il sito tech statunitense VentureBeat. Poi erano arrivate le petizioni online sulla piattaforma Change. Anche i gruppi di genitori si erano mossi mentre il procuratore generale di New York Eric T. Schneiderman dava la sua benedizione. Per parecchio tempo Facebook si è trincerato dietro le ads policy (le regole per i banner pubblicitari): «Non permettiamo di pubblicizzare droghe, tabacco, farmaci, armi e altri prodotti per adulti», era la posizione ufficiale. Quello che poi gli utenti facevano (e vendevano) sulle loro pagine non era affare del social network.
La musica sulla vendita di armi è cambiata solo quando la Casa Bianca è scesa in campo. Dopo l’attentato di San Bernardino in California lo scorso dicembre, costato la vita a 14 persone, e già dopo la strage della scuola Sandy Hook in Connecticut che ha visto morire 20 bambini nel 2012, Obama ha avviato una campagna a favore di una maggiore regolamentazione del diritto costituzionale a possedere e portare armi. Pensare di vincere questa battaglia
Facebook aveva già reso impossibile nel 2014 pubblicare inserzioni pubblicitarie che riguardassero marijuana, prodotti farmaceutici, droghe illegali, alcol, tabacco o prodotti per adulti. Ora, dopo la denunce e le petizioni, il divieto viene esteso alle transazioni tra venditori amatoriali di armi da fuoco senza l’aiuto della Silicon Valley era però un’illusione. Così, esattamente come per la lotta alla propaganda di Isis o per il cyber bullismo, la Casa Bianca ha scelto di dettare la linea alla Rete. Che, ancora una volta si è adeguata: «Negli ultimi due anni, sempre più persone usano Facebook per trovare prodotti o acquistare cose tra di loro», si legge nel comunicato di Facebook. E ancora: «Noi aggiorniamo le nostre regole per i prodotti regolamentati in modo da riflettere questa evoluzione». Come dire, facciamo quello che ci chiedono da fare.
Il colosso cui ogni si connettono ogni mese 1,6 miliardi di utenti si trasforma (suo malgrado) in un’azienda morale che decide per il bene dei suo cittadini-clienti. Non importa che Facebook conosca i nostri segreti. O che Twitter sappia cosa stiamo per votare. Ora gli amministratori delegati come Mark Zuckerberg e Jack Dorsey ci proteggono dai suicidi, evitano che il nostro occhio cada su fotografie dal contenuto troppo violento o pornografico, cercano di mettere al riparo i nostri figli dagli attacchi dei compagni di classe e vengono in soccorso pure di donne molestate e aggredite sessualmente.
Tutto risolto dunque? A quanto pare, no. Per le armi il divieto interesserà solo le transazioni tra privati. E non sarà in vigore per le aziende autorizzate che potranno continuare la promozione dei loro prodotti sia su Facebook che su Instagram. Così se qualsiasi casa produttrice di armi vorrà fare marketing attraverso il social network con l’obiettivo di incrementare le vendite potrà farlo. Il secondo emendamento (quello che garantisce agli americani la libertà di armarsi) è dunque ben lontano dall’andare in pensione. Online e offline. Ma non solo. Non è ancora per nulla chiaro cosa succederà quando l’ecommerce via Messenger (la chat di Facebook che da marzo dell’anno scorso ha aperto alla possibilità di fare acquisti) andrà a regime. Zuckerberg sarà davvero disposto a dire di no ad accordi commerciali da milioni di dollari con i produttori di armi? Ma soprattutto: per quanto tempo ancora la Casa Bianca avrà la forza di dettare la linea alla Silicon Valley e alla Rete?
martaserafini