Corriere della Sera

Il segreto di Mafia Capitale «Quel patto criminale tra Buzzi e Carminati che va oltre la corruzione»

- di Giovanni Bianconi

«Relegare i fatti in una cornice di corruzione sistemica ed endemica è prospettaz­ione riduttiva», scrive la giudice Anna Criscuolo nella sua sentenza. Perché «se la corruzione è metodo di lavoro abituale di Salvatore Buzzi sul fronte politico e amministra­tivo, è l’alleanza e la sinergia tra il Buzzi e Massimo Carminati a rivelare la potenza e la forza di penetrazio­ne dell’associazio­ne, che assicura il dominio negli appalti pubblici che il metodo corruttivo, da solo, non avrebbe assicurato».

Ecco dunque che nel primo verdetto di merito su Mafia capitale (quella del giudizio abbreviato in cui è stato condannato Emilio Gammuto, ex collaborat­ore di Buzzi, per il reato di corruzione aggravata dal favoreggia­mento all’associazio­ne mafiosa) si riconosce che quell’organizzaz­ione aveva tutte le caratteris­tiche previste dall’articolo 416 bis del codice penale. Con una motivazion­e che rovescia la prospettiv­a delle difese, a cominciare da quelle degli imputati principali, presunti promotori e capi della banda, che puntano le loro carte sul ricondurre tutto a una vicenda di corruzione semplice. Un «processett­o», come ebbe a dire fin dalla prima udienza l’avvocato di Carminati, Bruno Naso; seguito a ruota da Buzzi e dal suo legale, che ammettono le bustarelle allungate a funzionari e politici per far lavorare le cooperativ­e sociali, rigettando l’idea dell’associazio­ne mafiosa.

Tuttavia, sostiene la giudice per argomentar­e la propria decisione, «se Buzzi con le sue sole forze, i suoi appoggi politici e l’abituale metodica corruttiva aveva già raggiunto un notevole livello economicoo­perativo, conquistan­dosi ampi spazi e margini di fiducia dell’amministra­zione comunque nel corso delle stagioni precedenti, alleandosi con Carminati raggiunge l’apice e si espande senza rischi di intralcio, tant’è che il fatturato del gruppo lievita incredibil­mente da 16 a 60 milioni di euro nell’arco di soli tre anni».

Il salto di qualità evidenziat­o dalla sentenza — che è solo di primo grado, ci sarà l’appello e altre ne verranno, compresa quella del maxiproces­so in corso nell’aula bunker di Rebibbia — è proprio lì: l’unione tra Buzzi con Carminati che «immette capitali illeciti nelle cooperativ­e del socio» e contempora­neamente diventa «capo indiscusso» e porta con sé il «potere intimidato­rio»; derivante, fra l’altro, dalla propria «caratura e prestigio criminale». In questo modo il « vincolo associativ­o » , con Buzzi e altri complici, si realizza e utilizza la corruzione come uno degli strumenti per imporre «assoggetta­mento e omertà».

Secondo la giudice «il binomio è perfetto e destinato a durare in eterno perché insospetta­bile alleanza trasversal­e: ciascun socio apporta nella società il proprio capitale, non solo economico, ma il proprio passato, la propria storia, il proprio peso e le proprie relazioni consolidat­e (favorito da congiuntur­e propizie e da un panorama politico-amministra­tivo permeabili­ssimo, disponibil­e e complice) assalta la pubblica amministra­zione, condiziona­ndone le decisioni, decidendo le nomine politiche e dei vertici amministra­tivi nei settori di interesse». Da una parte c’è «Buzzi che continua a offrire servizi e partecipa alle gare con il suo gruppo di cooperativ­e»; dall’altro Carminati che, muovendosi in modo

Il boom «Dopo l’alleanza il fatturato delle società passò in soli tre anni da 16 a 60 milioni di euro»

occulto, «garantisce l’intervento dei suoi amici e sodali per risolvere problemi e rimuovere ostacoli». Anche nei «ruoli chiave dell’apparato comunale e delle principali municipali­zzate».

Da questo groviglio emerge l’associazio­ne mafiosa contestata dall’accusa, negata dagli imputati e ora confermata da

un giudice di merito. Ma al di là degli aspetti giuridici, la vicenda di Mafia capitale pone altre questioni, messe in luce all’inaugurazi­one dell’anno giudiziari­o dal procurator­e generale di Roma, Giovanni Salvi. Per il quale «l’elemento più caratteris­tico dell’organizzaz­ione è costituito da soggetti provenient­i da trascorsi politici opposti», cioè estrema destra ( Carminati) e sinistra (Buzzi). Insieme alla capacità di condiziona­re entrambe le ultime due Giunte capitoline, sia pure con forme e gradi differenti. Sempre grazie alla corruzione. Incrinando così «la tenuta del tessuto amministra­tivo, prima ancora che politico della città».

Si chiede il procurator­e generale: «Quali anticorpi non hanno funzionato se è stata possibile una così pervasiva influenza sull’amministra­zione locale, continuata anche dopo il mutamento di compagine politica?». La risposta spetta, aggiunge Salvi, chi ha governato la città e chi intende governarla; cioè quanti si candideran­no alle prossime elezioni comunali.

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(Corradini) Il ricordo L’inaugurazi­one dell’anno giudiziari­o alla Corte d’appello di Milano. Nella cerimonia la presidente vicaria Marta Chiara Malacarne ha ricordato le vittime della sparatoria del 9 aprile 2015: Fernando Ciampi, Lorenzo Claris Appiani e Giorgio Erba

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