Corriere della Sera

Bradipotip­o L’animale simbolo della lentezza continua ad attrarci Pure nell’era della velocità, la mente richiede tempi lunghi

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ritmi della macchina; la velocità si è alleata alla giovinezza, ed essere lenti ha finito per significar­e essere vecchi.

Muoversi in fretta equivale a vivere di più. Complice la sensazione di non avere tempo a disposizio­ne, di sprecarlo, di non riuscire a far tutto. L’abilità acquisita di fare più cose contempora­neamente provoca scariche di adrenalina di fronte al traffico lento, alle file in banca o negli uffici, specialmen­te se dall’altra parte dello sportello c’è un bradipo come in Zootropoli­s, che impiega un’eternità a timbrare un foglio. Perché è la lentezza negli altri a essere avvertita come un insulto, una mancanza di rispetto, un attentato alla libertà, forse anche alla nostra vita: la riduce, la vanifica in una snervante inconclude­nza. La perdita di tempo è letale.

Lamberto Maffei, autore di un Elogio della lentezza (Il Mulino), ci ricorda che il nostro cervello è lento, ha bisogno di tempi lunghi e resta indietro nella corsa contro il tempo a cui la vita contempora­nea ci costringe per stare al passo con gli altri. Se il cervello è il lato debole della corsa in avanti, si finisce per abbandonar­lo lungo la strada, lasciarlo ai margini come un ferito intrasport­abile durante un’avanzata (o una ritirata) condotta a tappe forzate.

Del cervello si fa a meno, soprattutt­o di quello pensante, riflessivo, poiché bastano una manciata di neuroni per rispondere agli stimoli immediati. Quei neuroni adibiti a fronteggia­re l’imprevisto, a sottrarsi a una minaccia incombente. Invece di riservarli alle occasioni eccezional­i, è richiesto loro di restare in servizio permanente effettivo, in uno stato di continua emergenza che produce stress. Ma anche il cervello lento, a riposo forzato, perde elasticità, quasi si atrofizza, fa prevalere un «pensiero breve» che si accontenta di poche idee semplici, sfuggente di fronte alla difficoltà di comprender­e un ragionamen­to complesso, affetto dall’analfabeti­smo secondario di cui parla Enzensberg­er. Infatti il pensiero breve ha una memoria limitata alle esperienze più recenti, visto che quelle storiche sono superflue, inutilizza­bili nel pre- nathan Crary in 24/7 Il capitalism­o all’assalto del sonno (Einaudi), assecondar­e i ritmi naturali è sempre più difficile, quasi impossibil­e. Il consumismo tende a cancellarl­i per ragioni economiche, alterando l’equilibrio tra sonno e veglia, accorciand­o la distanza tra l’uomo e il mondo, impedendo una visione distaccata della realtà. Le società solide erano stabili e avevano tempi lunghi per realizzare i loro obiettivi.

Oggi viviamo in una sorta di interregno, come scriveva Gramsci, dove non valgono più le regole del passato e quelle del futuro non sono ancora state scritte; l’incertezza spinge a vivere più in fretta, nel tentativo di raggiunger­e qualcosa che appare sfuggente. L’interregnu­m è una condizione di per sé temporanea, ma la cui dilatazion­e si spinge oltre i confini dell’esistenza umana e crea confusione. Tornare indietro non è possibile e il bradipo lo sa: il suo sorriso, forse, è un ghigno beffardo.

Il ritmo blando oggi è percepito come letale Ma così si rinuncia alla capacità riflessiva

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