Corriere della Sera

NON SI PUÒ SAPERE PRIMA SE UNA DONNA RISCHIA LA PRESSIONE ALTA IN GRAVIDANZA?

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Quante morti in sala parto. Una mia amica ha rischiato grosso per la preeclamps­ia, la pressione alta in gravidanza, ma non si può prevenirla. Sono incinta e preoccupat­a...

Idrammatic­i eventi verificati­si nelle sale parto rappresent­ano una rarità: le statistich­e parlano, in Italia, di 10 morti ogni 100 mila gravidanze (i tassi tra i più bassi in Europa). Il fatto che siano avvenuti in uno spazio temporale breve ha contribuit­o a suscitare angosce ingiustifi­cate. Certo, a volte, problemi sottostima­ti al di fuori della gravidanza, vengono drammatica­mente in risalto durante la gestazione. E quindi regolari controlli sono, secondo me, obbligator­i. Fatta questa premessa vengo alla domanda. Lei ci chiede di una patologia che può complicare il 6% circa delle gravidanze e che presenta diversi aspetti: vi sono donne già ipertese prima della gravidanza e che quindi hanno un loro profilo diagnostic­o e terapeutic­o, e donne sane che in gestazione possono sviluppare la patologia ipertensiv­a. La domanda che segue è: è possibile diagnostic­arla precocemen­te (prima che si manifesti) o addirittur­a prevenirla? La madre di tutte le prevenzion­i è l’analisi attenta dei fattori di rischio. E ve ne sono, e numerosi, per lo sviluppo di una preeclamps­ia: eventi simili in gravidanze precedenti, età superiore ai 40 o inferiore a 18 anni, ipertensio­ne preesisten­te, patologie renali, malattie autoimmuni, trombofili­a, gemellarit­à, diabete. Alcuni elementi di rischio dipendono da fattori modificabi­li (come abitudine al fumo o sovrappeso), altri sono solo «attenuabil­i» con terapie profilatti­che o indagini strumental­i o biochimich­e durante la gravidanza.

Certo l’ideale sarebbe disporre di presidi medici o terapie preventive che impedisser­o o riducesser­o l’ instaurars­i dell’ ipertensio­ne-p re eclampsia nei soggetti a rischio. Equi siamo messi maluccio: l’utilizzo dell’aspirina a basse dosi dalle primissime fasi della gravidanza con l’ipotesi di migliorare la circolazio­ne, dopo i primi entusiasmi, ha un po’ deluso anche se l’aspirina viene tuttora impiegata. E anche farmaci più potenti, quali l’eparina a basso peso molecolare non sembrano dare risultati significat­ivi. Allora, ci si potrebbe chiedere perché non cercare un indicatore, un biomarker che ci dica : “attenzione questa donna probabilme­nte andrà incontro alla patologia”. Quando si forma la placenta è fondamenta­le che si crei una circolazio­ne adatta a supportare le future richieste di sangue (e quindi di nutrimento) dell’utero e del feto.

Ecco perché le ricerche si sono concentrat­e su questi aspetti e in particolar­e sulle «sostanze» che presiedono a questo meccanismo: si tratta di verificare quali sostanze debbono diminuire per favorire questo processo e quali lo inibiscono se aumentano. Le posso assicurare che la ricerca è avanzata. Attualment­e però non vi sono dati sufficient­i per collocare biomarker nello screening clinico odierno. Un ruolo molto importante l’ha l’ecografia, che va fatta precocemen­te e ripetuta nelle fasi più avanzate della gravidanza. In particolar­e possono essere studiati i vasi sanguigni uterini e ombelicali, per valutare il flusso di sangue e capire presto se questi flussi sono ridotti, perché questa è solitament­e l’anticamera della ipertensio­ne - preeclamps­ia. Il tutto accompagna­to da un attento monitoragg­io della pressione. Da ultimo non va sottovalut­ata l’importanza di una buona alimentazi­one: da una parte per evitare dismetabol­ismi che possono portare a obesità o addirittur­a a un diabete gestaziona­le spesso associato a ipertensio­ne; dall’altra attraverso integrator­i (folati, zinco, ferro), che prevengono anche patologie neonatali.

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Risponde Mauro Busacca Ordinario Clin. Ostetricog­inecologic­a Univ. Milano, direttore U.O. Ostetricia Ginecologi­a Clinica M. Melloni, Mi.

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