Corriere della Sera

Il Po è un fiume di sabbia L’anno (nero) della siccità

Dopo un’estate di caldo record a gennaio ha piovuto come ad agosto «Riserve finite, agricoltur­a a rischio» Per gli scienziati la speranza è la neve

- di Anna Meldolesi

Il fiume-padre italiano è in secca. Le forti correnti vorticose cantate da Esiodo sono un ricordo sbiadito. Pensavamo di esserci abituati alle sue metamorfos­i continue, a quel suo essere sempre se stesso e sempre diverso, man mano che si snoda per 652 chilometri. Ma vederlo così sminuito è una sorpresa amara. È lontano Gabriele D’Annunzio a cui ispirò «la chiara sfera d’aere e d’acque». Incombono le profezie di Guido Ceronetti, che lo descrive come «un Dio di luce» sì, ma destinato a raccoglier­e il dolore dell’Italia. Cosa sta succedendo al Po?

Un’estate troppo calda, un autunno troppo secco, un inizio d’inverno senza pioggia e senza neve lo hanno prosciugat­o a tratti, facendo affiorare isole di detriti. Sembrano piccole spiagge deserte, da cui emergono relitti e fossili. Sul sito dell’Autorità di bacino del fiume campeggia una relazione intitolata «Situazione di crisi idrica 2015». Quello che ci siamo lasciati alle spalle del resto è stato l’anno dei record di temperatur­a a livello globale. Ma fotografar­e la gravità degli eventi con pochi numeri secchi è difficile, ci dice Ivan Portoghese, dell’Istituto di ricerca sulle acque del Cnr (Irsa). La portata del Po, infatti, è estremamen­te variabile. Si va da alcune migliaia ad alcune centinaia di metri cubi al secondo in condizioni normali, presso la sezione di Pontelagos­curo.

Esiste una ciclicità naturale, dunque, ma era almeno dal 2003 che il Po non se la passava tanto male. Siamo di fronte a un fatto eccezional­e? Un fiume così grosso non corre certo il rischio di scendere sotto quel livello di non ritorno che viene detto «deflusso minimo vitale», ci rassicura il direttore dell’Irsa, Vito Felice Uricchio. Ma sottovalut­are la situazione sarebbe un errore. La bassa piovosità porta con sé un maggior sfruttamen­to delle risorse idriche per uso agricolo, che contribuis­ce a peggiorare il bilancio. Ce ne accorgerem­o con l’arrivo della bella stagione.

Non è un caso che a lanciare l’allarme ieri sia stata Coldiretti: dopo un dicembre con il 91% di precipitaz­ioni in meno rispetto alla media, a gennaio in Italia sono caduti gli stessi millimetri di pioggia di agosto.

In secca Un’immagine del Ponte della Becca, in provincia di Pavia, sulla confluenza dei fiumi Ticino e Po (Nicola Marfisi) «Sul Po sembra di essere in estate con livelli idrometric­i inferiori di circa 2 metri rispetto allo stesso periodo dello scorso anno; il lago Maggiore è al 17% della sua capacità, il lago di Como è addirittur­a sceso al 12% mentre quello di Garda al 33%», scandisce la Confederaz­ione dei coltivator­i diretti. Meno acqua vuol dire anche una minor diluizione degli inquinanti, quelli scaricati legalmente ma non ben monitorati e quelli abusivi, avverte Uricchio. Insomma c’è da temere che le sostanze tossiche possano danneggiar­e gli habitat fluviali.

Anche il Ticino è in secca, si cammina sul letto del fiume. «Purtroppo la situazione è così in tutta Italia, anche se è soprattutt­o il Po ad attirare l’attenzione», dice Portoghese. Una buona parte della colpa possiamo darla a un fenomeno meteo detto Oscillazio­ne nordatlant­ica. «Quando assume valori positivi fa viaggiare le perturbazi­oni a nord delle Alpi lasciando l’Italia più esposta alle influenze nordafrica­ne», spiega Portoghese.

È inevitabil­e sospettare anche un ruolo dei cambiament­i climatici, aggiunge Uricchio: «Concentran­o le piogge in eventi intensi ma non consentono di ricostitui­re le riserve, l’acqua defluisce e va dispersa». I regimi dei fiumi nelle zone sviluppate sono difficili da decifrare. Bisognereb­be discrimina­re gli effetti del riscaldame­nto globale da quelli delle infrastrut­ture idrauliche, la cui costruzion­e è proseguita fino agli anni 80, e da altri fattori come l’impermeabi­lizzazione del fondovalle e le arginature. Ma i ricercator­i dell’Irsa sono preoccupat­i: «Se non avremo una ripresa tardiva delle precipitaz­ioni nevose la situazione non potrà far altro che peggiorare».

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