Corriere della Sera

L’ATTENTATO A DAMASCO, MINACCIA PER GLI ANTI-ASSAD

- Guido Olimpio

Agli inizi del conflitto siriano, gli iraniani hanno giustifica­to il loro intervento al fianco del regime con uno slogan religioso: siamo qui per difendere il santuario sciita di Zeinab. Un pretesto, una scusa, una schermo, ma che simboleggi­a l’importanza del luogo sacro vicino a Damasco. Un valore che va ben oltre i confini della Siria. Per questo l’Isis ha deciso di colpirlo in modo devastante con un’azione articolata. Prima l’autobomba, quindi la coppia di kamikaze per essere sicuri di provocare un alto numero di vittime.

L’attentato, nell’orrore quotidiano di questa guerra infinita, ha molti messaggi. Il primo concerne il momento: lo Stato Islamico agisce mentre a Ginevra la diplomazia internazio­nale cerca di lanciare — con poche speranze — una trattativa. Per i jihadisti in nero è il modo per ribadire la lotta ad oltranza in un confronto più ampio. E questo porta al secondo elemento, la rivalità regionale che oppone i sunniti agli sciiti, battaglia che ha nella crisi siriana uno dei suoi campi. Il Califfo vuole spargere settarismo, intende cancellare fisicament­e gli avversari, cerca di negare loro spazi e diritto di culto. Una risposta anche alla presenza massiccia di miliziani legati all’Iran: iracheni, afghani, libanesi diventati la carne da cannone agli ordini di Damasco. Il loro sacrificio — non senza ipocrisia — è dedicato a Zeinab.

Il terzo aspetto è militare. Lo Stato Islamico, secondo fonti americane, ha perso in Siria il 5% di territorio e in Iraq il 40, è sotto pressione su molti fronti, anche se è ben lontano dalla sconfitta. Al Baghdadi ha bisogno comunque di sorprender­e, di dimostrare la sua abilità nel muovere e in profondità. Il massacro deve incutere paura tra i civili, sottolinea­re che il regime — nonostante il massiccio appoggio della Russia — non sarà mai al sicuro, incapace persino di proteggere siti di grande valore. Assad incassa il colpo, rapido nell’usare la strage per accusare anche gli altri oppositori di collusione con il terrorismo. E tutto questo in una fase critica. L’ennesima prova di come l’Isis, oltre ad essere una macchina di morte, sia una minaccia per quanti si sono ribellati al potere oppressivo del clan assadiano.

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