L’urlo vincente degli schiavi
Al Sundance si impone l’attore-regista Nate Parker con il film choc su una rivolta nera del 1831: da campione di wrestling a stella del cinema Usa
la ribellione che porta alla trasformazione degli animi e a conflitti sanguinari».
Artista eclettico, lasciatosi alle spalle il ragazzo ribelle che aveva trovato nello sport e nella recitazione la possibilità di scaricare la sua rabbia e le sue difficoltà temperamentali dovute anche a una adolescenza non facile con una madre che lo aveva messo al mondo a 17 anni e mai aveva sposato il suo padre biologico, Nate è oggi un uomo e un padre di famiglia sereno, impegnato anche in attività filantropiche.
«Ho alle spalle — afferma — una filmografia d’attore quanto mai varia. Questo film così fortemente voluto non è mai stato per me solo una biografia, ma un soggetto carico di una energia spirituale unica, speciale, che va al di là di ogni brutalità anche del Ku Klux Klan. C’è una violenza a volte ardua da guardare in The Birth of a Nation, ma le sue radici vanno cercate nella storia, nelle immagini delle mani di donne, uomini e bambini piagate dal lavoro di raccoglitori di fiocchi di cotone, dai soprusi di chi era capace di mettere corde al loro collo come se fossero cani da passeggio».
Spiega: «Nat impara a leggere la Bibbia, il suo proprietario bianco (Armie Hammer) commercializza le sue qualità di predicatore. Poi le violenze subite dalla sua amatissima moglie Cherry ( Aja Naomi King) lo spingono a una reazione durissima. Persino la Bibbia diventa per lui uno strumento non certo di pace, ma di battaglie intellettuali. Ho lasciato volutamente lo stesso titolo del dramma del cinema muto ed epico, diretto da D.W. Griffith nel 1915. Sono cresciuto nel Sud, ho sempre avuto un grande rispetto per la storia di Nat che avevo studiato da ragazzo al college. Non tutti i ruoli da me interpretati hanno avuto sino a oggi una integrità morale».
«Sono orgoglioso — conclude — di essere americano e di aver raccontato come questa Nazione, costruita su tante ribellioni, deve non poco a Nat, che ha fronteggiato non solo per se stesso ogni forza oppressiva. Offro alle nuove generazioni il mio film con un atteggiamento quanto mai sano da allenatore e atleta sportivo passato dietro la cinepresa e sempre alla ricerca delle migliori qualità degli esseri umani».