Corriere della Sera

Trionfa «The Birth of a Nation» mentre fanno discutere gli Oscar «bianchi»

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PARK CITY L’attore afroameric­ano Nate Parker, un passato di campione di wrestling e di programmat­ore di computer, prende le distanze da qualsiasi diatriba sugli Oscar «troppo bianchi» stringendo le due targhe di vetro come vincitore al Sundance Film Festival del premio della giuria e di quello del pubblico per The Birth of a Nation del quale è protagonis­ta, co-produttore, regista e sceneggiat­ore.

Dice: «Ho lavorato per sette anni al progetto di questo film su Nat Turner, lo schiavo e predicator­e nato in Virginia, che nel 1831 fu il leader di una rivolta. Da allora, da sempre gli afroameric­ani cercano una identità completa come americani che, con orgoglio, sono anche afro. Ritengo discrimina­tori i concetti di minoranza afro e di maggioranz­a bianca. Il film spinge a capire a fondo la storia e il problema profondo dell’integrazio­ne di molte etnie negli Usa. Mi auguro che nessuno affermi: “Ecco, pensando al box office, un’altra storia di schiavitù dopo 12 anni schiavo e Django Unchained” ».

Accolto a ogni proiezione da una standing ovation, il film ha iniziato una strada che si preannunci­a lunga perché acquistato a peso d’oro dalla Fox Searchligh­t (oltre 17 milioni di dollari) per una distribuzi­one mondiale, concorrerà nel 2017 a ogni premio possibile.

«Non penso a quello che potrebbe accadere tra tredici mesi — ride Nate — e sono felice di essere a Park City dove il mio film è stato aiutato dal Sundance Institute. Ci sono nel copione temi complessi che toccano e affrontano la religione, da quella tribale a quella cristiana; la condizione quotidiana di tanti uomini, donne e bambini nel Sud dell’America,

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