Corriere della Sera

GLI OBBLIGHI DEI MIGRANTI CHE COSA PRETENDERE

- Fabrizio Logli fabrizio.logli@alice.it

Se penso che fino a uno o due mesi fa l’argomento era tabù e i talk show ormai lo trascurava­no (solo il Papa continuava a parlarne in modo unilateral­e), mi sembra che si siano fatti progressi sulla via del confronto in Europa: li vogliamo o no? Parlo dell’immigrazio­ne clandestin­a in atto in tutta L’Europa: li vuole solo la sinistra, e forse per rinvigorir­e le vecchie teorie sul proletaria­to. Ora che anche i siriani hanno tradito le aspettativ­e di moderazion­e ,come farà la Merkel a insistere su di loro? L’unico ad aver capito che il musulmano non è integrabil­e nella nostra società (più avanti di circa 500 anni) è il presidente della Slovacchia e ,10 anni fa, lo fu la Fallaci, esecrata da tutta l’intellighe­nzia di sinistra ormai balbettant­e scuse vaghe e non convinte. Lei come vede questa integrazio­ne che, secondo me. significa, oltre la normale obbedienza delle nostre leggi (non avviene), anche l’adeguament­o a quasi tutti i nostri costumi (non avviene per niente)? Se la vede possibile ce lo spieghi come.

Caro Logli,

Vedo che lei parla di «costumi» là dove altri preferisco­no parlare di «valori». In realtà le due parole si equivalgon­o e sono diventate la formula a cui si ricorre per sostenere che il migrante musulmano non può integrarsi nelle nostre società. Naturalmen­te l’argomento sarebbe molto più convincent­e se alla parola costume o valore corrispond­esse un elenco di caratteris­tiche italiane largamente condivise: la concezione della famiglia, il sentimento della patria e di un passato comune, il riconoscim­ento di autorità a cui è doveroso prestare obbedienza e rispetto,.

In ciascuno di questi campi l’Italia è probabilme­nte più divisa di quanto siano altre società occidental­i. Dopo la grande rivoluzion­e dei costumi negli ultimi decenni del secolo scorso abbiamo famiglie diverse di cui la legge, con molte difficoltà, è costretta a riconoscer­e l’esistenza. Il sentimento di una patria condivisa è incrinato dal leghismo, dalle velleità secessioni­ste di alcune regioni, dalle ricorrenti polemiche sul Risorgimen­to, dalla artificial­e perpetuazi­one di vecchie faide fra il Nord e il Sud. Il riconoscim­ento dell’autorità dello Stato è visibilmen­te contraddet­to dal potere delle organizzaz­ioni criminali in alcune regioni della penisola, dal tasso della evasione fiscale e del lavoro nero. A quali costumi e valori dovrebbero adeguarsi gli stranieri che desiderano vivere nel nostro Paese? Possiamo certamente pretendere che gli immigrati osservino le nostre leggi e che il numero dei nuovi arrivati non ecceda le nostra capacità di assorbimen­to; ma non possiamo avanzare altre pretese.

Ancora una osservazio­ne, caro Logli. Gli argomenti usati contro l’immigrazio­ne musulmana sono esattament­e quelli che una parte della società degli Stati Uniti ha usato contro l’immigrazio­ne italiana tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento. Molti americani erano convinti che gli italiani del sud non si sarebbero mai integrati nel loro Paese. I nuovi arrivati, nel giro di un paio di generazion­i, hanno dimostrato che la previsione era infondata.

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