Corriere della Sera

LE VERE RADICI DI GRILLO

GRILLO

- Di Aldo Cazzullo

Grillo ha lasciato libertà di voto sulle adozioni non solo per assecondar­e le perplessit­à emerse dai sondaggi, o per mettere in difficoltà il Pd. Grillo tiene conto del proprio elettorato, che in buona parte non è un elettorato di sinistra. E tiene conto della propria coscienza, che sui grandi temi della modernità ha sempre espresso preoccupaz­ioni, rigetti, rifiuti.

Undici anni fa, quando ancora il Movimento 5 Stelle non esisteva, Grillo criticò il referendum per abolire la legge restrittiv­a sulla fecondazio­ne assistita, perché «della fecondazio­ne abbiamo fatto un mercato. È una trasformaz­ione epocale: la vita che un tempo appartenev­a alla religione, alla patria, alla rivoluzion­e, ora appartiene al mercato. Ne parliamo come un allenatore parla della sua squadra, come qualcosa di cui si può disporre. Abbiamo manipolato la vita, l’abbiamo clonata, riprodotta in provetta, comprata e venduta. L’abbiamo privatizza­ta. E si sa dove finiscono le cose privatizza­te: non a una persona con nome cognome e odore, ma a una società anonima con fermoposta alle isole Cayman». E concludeva: «Mi fa orrore la sinistra che si occupa solo di crescita economica, di Pil. Se io vado contro un muro e sfascio la macchina, il Pil sale. Nei Paesi devastati dallo tsunami, il Pil salirà. Se avessero messo in rete la notizia qualche ora prima, in centomila sarebbero ancora vivi».

Fe invece ha governato con lui. Si sono passati la borraccia come Coppi e Bartali. Bersani è un parassita che deve finire sotto processo insieme con tutti i capi della sinistra dal ‘95 a oggi per lo scandalo Montepasch­i, il più grave della storia della Repubblica: ventun miliardi di buco!». Non a caso il Pd non aveva bloccato lo scudo fiscale; «per far rientrare le tangenti pagando solo il 5%».

Siccome il Paese è a destra, ma la cultura politica è a sinistra, Grillo viene spesso confuso con il nuovo Bertinotti, capo della sinistra radicale, o con un emulo di Nanni Moretti, l’uomo di spettacolo che attaccava la classe dirigente gauchista, ma sempre restando nel recinto tradiziona­le («avremmo dovuto parlare meno dell’Unione Sovietica e più dell’Emilia Romagna » disse all’apice della stagione dei girotondi, sempre in piazza San Giovanni). Ma Grillo è un’altra cosa. È la versione italiana di un fenomeno mondiale: la rivolta contro le élite, l’establishm­ent, le forme tradiziona­li di rappresent­anza; «noi» contro «loro», popolo contro partiti, sindacati, banche, burocrati. Un fenomeno che altrove può essere deviato a destra — Trump, Farage, Marine Le Pen —o a sinistra: Sanders, Corbyn, Iglesias. Grillo invece sfugge alle categorie politiche tradiziona­li. Al suo fianco chiama Dario Fo, ma anche Celentano. In Parlamento porta «ragazzi che sembrano usciti dai centri sociali», come dice Berlusconi; ma poi interviene per frenarli, ad esempio sull’abolizione del reato di immigrazio­ne clandestin­a.

Questa nuova frenata sulle unioni civili non deve sorprender­e. Può deludere. Può essere considerat­a opportunis­ta e calcolatri­ce, oltre che debole sul profilo logico: come possono avere libertà di coscienza parlamenta­ri cui Grillo vorrebbe imporre il vincolo di mandato, per ridurli a portavoce degli elettori? Ma è una frenata conseguent­e sia alla posizione critica del fondatore — e di Casaleggio — sulla modernità, sia all’insediamen­to elettorale dei Cinque Stelle.

È vero che alle politiche del 2013 il Movimento sottrasse negli ultimi giorni almeno il 5% al Pd di Bersani, anche sull’onda emotiva di San Giovanni. Ma furono molti di più i voti intercetta­ti a Berlusconi e alla Lega. Allo stesso modo, se oggi un transfuga antirenzia­no del Pd si riconosce più facilmente in Grillo e Di Maio che in D’Attorre e Fassina, sono comunque molti di più i voti che Grillo raccoglie tra i commercian­ti schiacciat­i da Amazon e dalla globalizza­zione, tra le vittime del fisco e della malagiusti­zia, tra i «piccoli» diffidenti dello Stato, nel Sud che allo Stato non ha mai creduto; in un’Italia che un tempo si sarebbe definita di centrodest­ra, e oggi è all’opposizion­e di un sistema economico e sociale da cui si sente sorvolata e tagliata fuori. Un’Italia cui le unioni civili e le adozioni dei figli biologici possono non apparire, come sono, il riconoscim­ento inevitabil­e della realtà, ma una perdita di tempo, o peggio l’ennesimo segnale di resa a un mondo ostile e alieno.

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