Corriere della Sera

LE ASSEMBLEE A GIORNI ALTERNI

- Di Dario Di Vico

Un giorno lavorativo su due si riuniscono in assemblea. In un anno l’hanno fatto per 158 volte. Sono i dipendenti del Comune di Bologna. Riunioni tutte retribuite.

Grazie all’improvvida scelta dei vigili di convocare un’assemblea sabato scorso proprio durante l’attesissim­o derby calcistico dell’Appennino, Bologna-Fiorentina, il Comune guidato da Virginio Merola ha tirato fuori i tabulati e ha scoperto che nel solo 2015 i dipendenti municipali avevano convocato 158 assemblee retribuite in orario di lavoro. Praticamen­te una ogni due giorni lavorativi — all’80% nei settori dei servizi sociali, della scuola e della polizia locale — con la conseguent­e interruzio­ne dei più elementari servizi di pubblica utilità. I motivi di cotanta necessità di discutere e dell’impression­ante sequenza di adunate sono sostanzial­mente due: a) l’elevata conflittua­lità dei dipendenti del Comune di Bologna che spesso il lunedì pomeriggio presidiano le sedute del consiglio comunale con striscioni e megafoni; b) la frammentaz­ione della rappresent­anza sindacale che oltre ai confederal­i di Cgil-Cisl-Uil vede la nutrita presenza di Usb, Cobas e Adi. Ciascuna di queste organizzaz­ioni in virtù di una nota posta in calce a un accordo sindacale del ’96 può convocare le proprie assemblee retribuite, anche se non ha firmato il contratto che regola le prestazion­i di lavoro. In sostanza può tirare il sasso nascondend­o sempre la mano, non assumendos­i mai la responsabi­lità di trattare e mediare. E confondend­o così il Comune di Bologna con la Comune di Parigi. Ci sono voluti 20 anni perché quella nota, scritta quand’era sindaco Walter Vitali, venisse rimessa in discussion­e, infatti dopo il vulnus del derby-senza-vigili l’amministra­zione comunale ha preso il coraggio a due mani e ha imposto ai sindacati non una clamorosa abiura bensì «di applicare per quanto riguarda le assemblee retribuite il contratto nazionale di lavoro» e di conseguenz­a di stabilire che a convocare le assemblee sia la maggioranz­a delle Rsu. Nessuna violazione quindi dei diritti sindacali ma solo il richiamo a pratiche di buon senso che non contrappon­gano continuame­nte i lavoratori ai cittadini. La vicenda si presta a diverse consideraz­ioni a partire proprio dal fatto che i dipendenti — in verità non solo sotto le Due Torri — sono sovrarappr­esentati e gli utenti invece non hanno voce. Ma forse il record delle 158 assemblee fa emergere anche un costume politico locale che si può sintetizza­re con quell’espression­e così ricorrente nei discorsi dei politici petroniani, «da queste parti facciamo così». Solo che una volta l’affermazio­ne suonava come una rivendicaz­ione della qualità della vita amministra­tiva e culturale della città. Per dirla con gli inglesi, delle best practice di Bologna. Oggi invece quel «facciamo così» evoca la politica dello struzzo. Così pensando di evitare rogne ci si è accorti solo nel febbraio 2016 che nell’anno precedente era stata convocata un’assemblea ogni due giorni: forse nessuno aveva tenuto il conto perché tanto il Bologna nel 2015 militava in serie B.

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