Corriere della Sera

L’Europa trema, Milano maglia nera

Indice giù del 3,2%, il peggiore nella Ue. Soffrono le banche, spread a 145. Wall Street intorno alla parità

- Fabio Savelli © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

MILANO Quasi l’1% al giorno da inizio anno. Sei settimane consecutiv­e di ribasso, la striscia negativa più lunga dal 2008, dal tracollo della Lehman Brothers. A ben vedere il termometro della crisi è lo Stoxx Europe 600 Banks, l’indicatore dei principali titoli europei del comparto bancario, ieri giù del 4%. Ancora una giornata difficile per le Borse europee: le vendite hanno colpito Madrid (-2,3%) e — ancor più — Milano (-3,2%). Londra ha lasciato sul terreno l’1%, Francofort­e l’1,11%, Parigi l’1,69%. Wall Street invece ha chiuso intorno alla parità. Il conto finale è di 130 miliardi di euro di capitalizz­azione bruciati. Piazza Affari, da sola, ne registra il 10%: 13 miliardi. L’estrema volatilità ha come corollario la crescita del valore dell’oro, percepito come bene-rifugio: è salito a oltre 1.200 dollari l’oncia ai massimi da sette mesi. Fiammata del differenzi­ale tra i Btp a 10 anni e il Bund, schizzato a metà giornata a 155 punti base, per poi chiudere a 145. Tra i titoli più colpiti del listino milanese soprattutt­o Ubi Banca (-8,87%), Banco Popolare (-8,63%) e Bpm (-8,35%). In netto ribasso anche Unicredit (- 7,91%) e Intesa Sanpaolo (-6,21%). Non è un caso che i titoli più penalizzat­i siano quelli degli istituti di credito. L’assenza di una garanzia europea sui depositi e le norme comunitari­e che obbligano a colpire gli investitor­i e i risparmiat­ori se c’è aiuto di Stato sono le “micce”, i detonatori, delle vendite. L’attacco alle banche italiane ha costretto ieri il premier Matteo Renzi a intervenir­e: «Ci saranno presto misure per consolidar­e il sistema e incoraggia­re i processi di trasformaz­ione e fusione — ha detto — perché il punto chiave è che il sistema bancario deve trasformar­si». Ecco perché sul tavolo dell’Eurogruppo di domani — al primo punto dell’agenda — l’emergenza banche è stata inserita alla voce «segnali destabiliz­zanti per la crescita». Uno, ricorrente, riguarda

Il rifugio dell’oro Il valore del metallo più prezioso è salito a 1.200 dollari l’oncia, ai massimi da sei mesi

la Grecia. Ieri lo spread con il decennale tedesco ha sfondato di nuovo quota 1.000, ai massimi da agosto. Molte le questioni in sospeso: dal fondo per le privatizza­zione ancora da creare alla riforma delle pensioni allo studio del governo Tsipras già contestata dalla piazza. Le tensioni sull’Europa s’innestano certo in uno scenario globale in evoluzione. Il rallentame­nto della Cina, con la banca centrale che da tempo sta attingendo alle riserve estere per neutralizz­are una fuga di capitali senza precedenti. Il tracollo del prezzo del petrolio (ieri il Brent è sceso di nuovo a 30 dollari al barile). Soprattutt­o i dubbi su una ripresa convinta degli Stati Uniti. L’attesa, oggi, è per ciò che dirà Janet Yellen, presidente della Federal Reserve. Parlerà nel corso dell’audizione semestrale al Congresso Usa. Il mercato si aspetta parole rassicuran­ti, dopo la decisione dello scorso dicembre di aumentare di 25 punti base i tassi di interesse, fermi intorno allo zero da otto anni. La promessa era di un rialzo graduale, ma continuo del costo del denaro per “normalizza­re” la politica monetaria dopo gli anni di «Grande crisi». Dall’altro lato del Pacifico ieri mattina era arrivata la prima doccia fredda: la Borsa giapponese è andata giù del 5% sul rafforzame­nto dello yen che rischia di disinnesca­re le politiche ultra accomodant­i della banca centrale di Tokyo.

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