Corriere della Sera

Il vescovo e il ladro ucciso dal tabaccaio «Quel risarcimen­to è come un furto»

Chioggia, il prelato contro il giudice: chi ha sparato si difendeva da un’aggression­e

- di Claudio Del Frate

Monsignor Adriano Tessarollo, per mestiere e per vocazione, fa il vescovo di Chioggia; crede nella giustizia divina e in quella degli uomini. Ma se la prima non ammette critiche, almeno per un ministro di Dio, le decisioni della seconda non hanno il dogma dell’infallibil­ità. E così, riflettend­o sul caso del tabaccaio padovano Franco Birolo, condannato per aver ucciso un ladro entrato nel suo negozio, a 2 anni, 8 mesi e 325 mila euro di risarcimen­to, monsignor Tessarollo ha espresso ciò che meno ti aspetti da un pastore di anime: «Quello che il ladro non è riuscito a rubare da vivo, il giudice lo ha tolto, completand­o il furto alla famiglia. Si rischia di trasmetter­e il messaggio: violenti, scassinato­ri e ladri, continuate la vostra criminale attività». Parole scritte in un editoriale su La nuova scintilla settimanal­e della diocesi.

Apriti cielo, è il caso di dire: un vescovo che parla come un sindaco della Lega! «Ma per carità: è solo che io ascolto anlo

che il comune sentire della gente e così è nata quella riflession­e» replica monsignor Tessarollo, che nei modi e nel tono della voce non è certo un «pistolero»; anche se si narra che anni fa, da parroco, stese con un «diretto» un malintenzi­onato sorpreso a rubare in canonica. «Questo signor Biro- — prosegue — non è nemmeno mio parrocchia­no. Ma ho letto della sua vicenda, di quella del benzinaio Stacchio, dell’altra col ladro che durante un furto è stato morso da un cane e fa causa al padrone del cane. Possibile che chi commette un reato si senta in diritto di arrivare a tanto?».

Un sentimento che ha portato il prelato, che è stato anche responsabi­le delle politiche per l’immigrazio­ne nella Cei del Triveneto e oppositore delle sparate leghiste su crocifisso e Islam a scrivere sulla Nuova scintilla argomenti come questo: «Un padre di famiglia, un imprendito­re, un lavoratore ha diritto di non vedere la sua casa violata, compromess­a la sua attività, derubati i suoi beni, minacciata la quiete sua e dei suoi familiari. La vita delle persone non è solo fisica, ma un complesso di realtà tra cui la libertà, il progetto di vita, la sicurezza... basta che uno si presenti senza armi perché gli sia assicurata l’incolumità mentre lui viola i diritti degli altri? Si pensi a quanto baccano si sta facendo per i diritti civili non riconosciu­ti!... Abbiamo ancora a che fare con leggi scritte 40-30 anni fa in un certo clima culturale e politico: ci vuole coraggio a dirlo».

Ma il Vangelo non dice «porgi l’altra guancia?»...«Le Sacre Scritture le conosco bene e vi dico che vanno contestual­izzate. Quel tabaccaio non voleva far del male, ha avuto una reazione emotiva e non sarà contento di aver ammazzato. Ma dovrà pagare una tassa di mille euro al mese per 27 anni per essersi difeso. È una condanna che mette sottosopra la famiglia del derubato e un vitalizio per la famiglia del ladro!».

Però così si corre il rischio di scatenare una corsa alle armi, alla vendetta. O no? «C’è chi mi ha chiamato “vescovo giustizier­e” ma non ho incitato nessuno ad armarsi. La mia riflession­e era rivolta alla giudice: volevo fare in modo che anche a lei arrivasse il “sentire” del popolo». Alla giudice Beatrice Bergamasco, autrice della sentenza, qualche eco del sentire popolare è arrivato, visto che è soggetta a tutela in seguito a minacce. Ma ieri ha ribadito il suo punto di vista con le motivazion­i della condanna di Birolo: «Non ha mostrato ravvedimen­to e non ci sono i presuppost­i della legittima difesa».

@cdelfrate

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