Il vescovo e il ladro ucciso dal tabaccaio «Quel risarcimento è come un furto»
Chioggia, il prelato contro il giudice: chi ha sparato si difendeva da un’aggressione
Monsignor Adriano Tessarollo, per mestiere e per vocazione, fa il vescovo di Chioggia; crede nella giustizia divina e in quella degli uomini. Ma se la prima non ammette critiche, almeno per un ministro di Dio, le decisioni della seconda non hanno il dogma dell’infallibilità. E così, riflettendo sul caso del tabaccaio padovano Franco Birolo, condannato per aver ucciso un ladro entrato nel suo negozio, a 2 anni, 8 mesi e 325 mila euro di risarcimento, monsignor Tessarollo ha espresso ciò che meno ti aspetti da un pastore di anime: «Quello che il ladro non è riuscito a rubare da vivo, il giudice lo ha tolto, completando il furto alla famiglia. Si rischia di trasmettere il messaggio: violenti, scassinatori e ladri, continuate la vostra criminale attività». Parole scritte in un editoriale su La nuova scintilla settimanale della diocesi.
Apriti cielo, è il caso di dire: un vescovo che parla come un sindaco della Lega! «Ma per carità: è solo che io ascolto anlo
che il comune sentire della gente e così è nata quella riflessione» replica monsignor Tessarollo, che nei modi e nel tono della voce non è certo un «pistolero»; anche se si narra che anni fa, da parroco, stese con un «diretto» un malintenzionato sorpreso a rubare in canonica. «Questo signor Biro- — prosegue — non è nemmeno mio parrocchiano. Ma ho letto della sua vicenda, di quella del benzinaio Stacchio, dell’altra col ladro che durante un furto è stato morso da un cane e fa causa al padrone del cane. Possibile che chi commette un reato si senta in diritto di arrivare a tanto?».
Un sentimento che ha portato il prelato, che è stato anche responsabile delle politiche per l’immigrazione nella Cei del Triveneto e oppositore delle sparate leghiste su crocifisso e Islam a scrivere sulla Nuova scintilla argomenti come questo: «Un padre di famiglia, un imprenditore, un lavoratore ha diritto di non vedere la sua casa violata, compromessa la sua attività, derubati i suoi beni, minacciata la quiete sua e dei suoi familiari. La vita delle persone non è solo fisica, ma un complesso di realtà tra cui la libertà, il progetto di vita, la sicurezza... basta che uno si presenti senza armi perché gli sia assicurata l’incolumità mentre lui viola i diritti degli altri? Si pensi a quanto baccano si sta facendo per i diritti civili non riconosciuti!... Abbiamo ancora a che fare con leggi scritte 40-30 anni fa in un certo clima culturale e politico: ci vuole coraggio a dirlo».
Ma il Vangelo non dice «porgi l’altra guancia?»...«Le Sacre Scritture le conosco bene e vi dico che vanno contestualizzate. Quel tabaccaio non voleva far del male, ha avuto una reazione emotiva e non sarà contento di aver ammazzato. Ma dovrà pagare una tassa di mille euro al mese per 27 anni per essersi difeso. È una condanna che mette sottosopra la famiglia del derubato e un vitalizio per la famiglia del ladro!».
Però così si corre il rischio di scatenare una corsa alle armi, alla vendetta. O no? «C’è chi mi ha chiamato “vescovo giustiziere” ma non ho incitato nessuno ad armarsi. La mia riflessione era rivolta alla giudice: volevo fare in modo che anche a lei arrivasse il “sentire” del popolo». Alla giudice Beatrice Bergamasco, autrice della sentenza, qualche eco del sentire popolare è arrivato, visto che è soggetta a tutela in seguito a minacce. Ma ieri ha ribadito il suo punto di vista con le motivazioni della condanna di Birolo: «Non ha mostrato ravvedimento e non ci sono i presupposti della legittima difesa».
@cdelfrate