Corriere della Sera

«Non sanno bene l’italiano», in tre licenziati a Malpensa

Una cooperativ­a allontana due pachistani e un albanese. Da anni addetti alle pulizie e al magazzino

- Paolo Foschini

Anwar Mohammad e Ahmed Nasir sono pakistani, hanno 50 e 37 anni, dal 2007 lavorano all’aeroporto di Malpensa. Sezione cargo. Uno fa le pulizie, l’altro il magazzinie­re. Muharrem Takja invece è albanese, di anni ne ha 64 e le pulizie a Malpensa le fa dal 2008. O meglio: le faceva. Perché la cooperativ­a Ncl per cui lavorava, e che lo scorso anno aveva rilevato l’appalto da una ditta precedente, si è accorta che Takja non sapeva «abbinare una figura con azione». Cioè se vedeva un cartello con un disegno non lo capiva. Così almeno ha stabilito il test «Promossi in classe» di cui all’accordo «Stato/Regioni»: Takja sarà anche capace pulire un aeroporto, come faceva da otto anni, ma non parla abbastanza bene l’italiano. Così il 26 gennaio la coop gli ha scritto per convocarlo martedì prossimo anticipand­ogli la notizia del suo licenziame­nto. Come agli altri due suoi colleghi più un quarto. Tutti ai sensi dell’«art. 7 commi 1 e 2, legge n.604/66, per giustifica­to motivo oggettivo».

Il caso è stato sollevato dai sindacalis­ti del Cub Trasporti guidati da Renzo Canavesi. Che in un volantino distribuit­o in aeroporto, dopo avere riassunto la vicenda sotto il titolo «Licenziati perché non parlano bene l’italiano», la inquadra in uno slogan conclusivo più generale sulla «lotta contro le false cooperativ­e che imperversa­no a Malpensa». Che così com’è resta uno slogan, evidenteme­nte. Ma trasforma in curiosità il fatto che a risponderg­li non sia qualcuno della coop Ncl, la cui presidente Marika Mongo è la firmataria delle lettere di licenziame­nto, bensì il responsabi­le di Malpensa Cargo City, Massimilia­no Pagni, da cui dipende il consorzio al di sotto del quale sta anche la Ncl. E Pagni spiega che in sostanza sono state solo applicate le regole.

A scorrere i passaggi della storia riepilogat­a da Pagni, in effetti, Takja e gli altri sembrano senza scampo: con la coop Ncl che arriva a Malpensa un anno fa al posto di un’altra e un accordo sindacale che le impone di rilevare il personale già esistente anche se «all’atto dell’assunzione i lavoratori presentava­no serie difficoltà a capire l’italiano e a riconoscer­e le più banali regole di sicurezza». Assunti lo stesso, dice Pagni, salvo fargli un corso e poi sottoporli a un test. In quasi trecento lo hanno superato. Questi quattro no. Glielo hanno rifatto. Niente. La conclusion­e è che «non sono in grado di riconoscer­e e affrontare un pericolo, di associare un cartello a un determinat­o comportame­nto da tenere», quindi «in pratica non possono essere adibiti ad alcuna attività nel magazzino di Malpensa Cargo City». Anche se è quello che facevano da anni.

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