LA MINACCIA DEGLI AVVOLTOI SUI PICCOLI RISPARMIATORI
Quello tra l’Argentina e i cosiddetti «fondi avvoltoio» Usa è stato chiamato il «processo del secolo». La definizione non è esagerata perché dall’epilogo dipenderà non solo il futuro finanziario del Paese sudamericano, ma anche il comportamento dei creditori in caso di altri default di Stati sovrani. Peraltro l’Italia rischia di esserne l’epicentro, il luogo che potrebbe risentire maggiormente di una scossa nelle casse di Buenos Aires.
Brevemente: dopo il crac del 2001 l’Argentina ha concluso con i proprietari dei bond due accordi, nel 2005 e 2010, imponendo tagli pesanti nel capitale e offrendo nuove obbligazioni «Tango». Si è trattato perlopiù di risparmiatori come i 450 mila italiani rimasti nel pantano del debito di Buenos Aires. Ora in queste settimane il governo del nuovo presidente Mauricio Macri ha stretto un nuovo pre-accordo con i 50 mila obbligazionisti italiani rimasti fuori da quelle intese e ha parallelamente offerto 6,5 miliardi ai fondi Usa che avevano titoli per 9 miliardi. Per questi ultimi l’offerta corrisponde a un taglio del 25% del valore, ma è altrettanto vero che questi fondi hanno acquistato i titoli a un ventesimo del loro valore, nel momento di massima crisi. In soldoni pur rinunciando al 25% guadagnerebbero quasi il 300%. Alcuni hanno subito accettato, ma i due fondi principali, i «falchi» Elliott e Aurelius, vogliono di più. Ed è qui che si rischia l’effetto domino: senza l’accordo con i fondi Usa l’Argentina teme un nuovo default proprio sui titoli dati ai piccoli risparmiatori con gli accordi del 2005 e del 2010. Peraltro il pagamento degli interessi è già stato sospeso.
Se i fondi avvoltoio dovessero continuare ad avere dalla loro parte i tribunali Usa nonostante l’offerta di Buenos Aires in futuro ristrutturare i debiti sovrani potrebbe essere molto più difficile, perché tutti aspetterebbero 15 anni per avere di più. Tutti tranne i piccoli risparmiatori sulle cui spalle sono saliti gli avvoltoi.