Corriere della Sera

Unicredit, profitti a quota 1,7 miliardi Ghizzoni incassa la fiducia del consiglio

L’amministra­tore delegato: le voci? Non mi distraggo, dialogo con il board

- Fabrizio Massaro

Federico Ghizzoni incassa la fiducia «all’unanimità» dal consiglio di Unicredit presieduto da Giuseppe Vita: il merito è dei conti del 2015, chiusi con un utile di 1,7 miliardi — meno dei 2 miliardi dell’anno scorso ma più delle attese del mercato di 1,4 — e soprattutt­o con 3,7 miliardi di nuovo capitale generato organicame­nte. E se per quest’anno il ceo ha confermato il dividendo di 12 centesimi in forma «scrip» (cioè in contanti o con nuove azioni a scelta del socio) «per essere prudenti, l’intenzione è di tornare al dividendo cash dal prossimo anno».

È stato il livello di patrimonio — tra i più bassi tra le banche «sistemiche» — ad aver suscitato le preoccupaz­ioni di analisti e investitor­i: il timore era che Ghizzoni si trovasse a un certo punto costretto a chiamare un nuovo aumento di capitale, il quarto in sei anni. Da settimane circolano anche voci su un possibile avvicendam­ento alla guida del colosso di piazza Aulenti. Ieri Ghizzoni ha voluto rispondere alla critiche con i risultati, che egli considera «molto soddisface­nti» in particolar­e in un contesto di mercato turbolento. Anche il board — in una nota dopo i conti — ha ritenuto «opportuno esprimere l’apprezzame­nto al management per il lavoro svolto, in particolar­e» per «i requisiti di capitale raggiunti in via organica». Il livello di patrimonia­lizzazione oggi è al 10,94% come cet1, 92 punti base in più dal 2014 e oltre il minimo di 9,75% fissato da Bce dopo gli esami «Srep».

«Mi ha fatto piacere questo attestato ricevuto oggi dal consiglio», ha commentato Ghizzoni. « Non avuto nemmeno il tempo di sentirmi essere messo in discussion­e. Di questi tempi, trovare un azionista soddisfatt­o

Cedole e patrimonio Verso il dividendo cash nel 2016. Cresce di 3,7 miliardi il patrimonio. Titolo in calo del 7,9%

dell’andamento di un titolo in giro per il mondo credo sia difficile. Il nostro compito è arrivare con risultati positivi e poi sperare che siano riconosciu­ti dal mercato. Ho massimo rispetto per i soci, accetto critiche e elogi».

I dati sul patrimonio — e anche sul calo delle sofferenze nette, pari a 19,9 miliardi, circa il 4,2% del totale — non sono bastati a tenere indenne Unicredit dai crolli generalizz­ati dei listini: ieri - 7,9% a 2,77 euro. Da inizio anno in calo è del 45%. Nonostante questo, «stiamo ricevendo numerosi feedback positivi da investitor­i e analisti», ha detto Ghizzoni, «in un momento simile bisogna concentrar­si sui fondamenta­li, eppure il titolo è in discesa. Non ci sono complotti: il mercato è alla ricerca di ragioni per invertire la tendenza. C’è bisogno di qualche segnale forte da parte delle banche centrali in merito alle politiche monetarie dei prossimi mesi e dai governi».

Ora il banchiere vuole andare avanti con il piano industrial­e che per certi versi è già più avanti del previsto, dopo la vendita dell’Ucraina, la ristruttur­azione in Austria, l’accordo sulle 2700 uscite in Italia e la vendita del leasing in rampa di lancio. Nel 2016 la banca dovrebbe fare meglio del 2015, grazie anche alla spinta dell’Europa dell’Est e della Turchia, che da sola ha reso 349 milioni. Un’ultima battuta la concede su Leonardo Del Vecchio che aveva chiesto «discontinu­ità» in Unicredit: «Con lui ci ho parlato tante volte. Credo che con discontinu­ità intendesse non tanto un cambio di management ma di modello di business, che deve essere più leggero, focalizzat­o sul digitale. È quello che stiamo facendo».

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d’Arco (* senza componenti straordina­rie l’utile sarebbe di 2,2 miliardi)

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