Così le donne al comando fanno crescere l’utile dell’azienda
Il risultato di una ricerca Usa in 91 Paesi. Board rosa, Italia seconda dopo la Norvegia
Metti più donne alla guida dell’azienda. E l’utile cresce. Questo segnala uno studio del Pearson Institute for international economics di Washington. L’indagine – illustrata dal Financial Times – ha riguardato 21.980 imprese in 91 Paesi. In Italia sono state monitorate 196 aziende. Secondo i ricercatori americani le imprese dove almeno il 30% del board è di rosa conquistano un incremento del 6% della quota di utile netto.
Risultato sorprendente. Ma c’è dell’altro. L’Italia sale sul podio dei Paesi con la più alta partecipazione delle manager nei board delle quotate. Medaglia di bronzo dopo Norvegia e Lettonia. I dati sono aggiornati al 2014 quando l’Italia aveva il 24% di donne nei consigli di amministrazione delle quotate. Il monitoraggio svolto oggi potrebbe Banca Leonardo ha chiuso il 2015 con un utile netto di 11 milioni, contro una perdita di 41 dell’esercizio precedente. I conti preliminari sono stati approvati ieri dal consiglio presieduto da Gerardo Braggiotti, che ha anche dato l’ok al piano strategico 2016-2018. Il gruppo guidato da Claudio Moro ( foto) ha concluso il turnaround che lo ha riposizionato verso il wealth management anche attraverso la dismissione del financial advisory e al ridimensionamento di altre attività considerate non core. Muovendo in questa direzione Banca Leonardo ha dunque realizzato ricavi per 69 milioni, con un risultato operativo di circa 8 e un utile di 11, grazie anche al contributo delle preparate perché devono dimostrare di meritare un posto che è stato affidato loro grazie a una legge. Inoltre il loro arrivo scardina dinamiche di potere tanto consolidate quanto controproducenti. Penso per esempio alla corruzione».
«Quando entrò in vigore la legge c’era chi si aspettava un peggioramento delle performance aziendali – racconta Paola Profeta economista della Bocconi –. Possiamo già dire che questo non è accaduto. Ma per dimensionare il grado di correlazione positiva tra donne al vertice e risultati economici delle imprese serve ancora tempo». «Non bisogna dimenticare che la legge esaurirà il suo effetto intorno al 2022. Le quote, infatti, sono imposte solo per tre rinnovi dei board»,fa notare Anna Zattoni, direttore generale di Valore D, associazione cessioni. «In considerazione della dotazione patrimoniale», si legge in un comunicato, il consiglio propone la distribuzione di un dividendo di 20 centesimi per azione, in aumento rispetto ai 12 dello scorso esercizio, per un importo di 55 milioni. Il common equity tier 1 ratio è aumentato in 12 mesi dal 20 al 26%. La raccolta da clientela è pari a 7,8 miliardi, per il 70% riferibile al business italiano. Il piano strategico è basato su uno sviluppo stand alone, senza precludere la possibilità di valutare opzioni coerenti di crescita esterna. di imprese nata per sostenere la presenza delle donne in azienda. «Per questo stiamo favorendo iniziative che aiutino la conciliazione nelle imprese – continua Zattoni –. Solo così si possono creare le condizioni perché le donne crescano tra quadri e dirigenti e non arretrino nei cda tra qualche anno».
Come dire: tolta la medicina, il paziente potrebbe ammalarsi di nuovo. Per ora, in ogni caso, il soffitto di cristallo ha un’ampia fessura. Quello che ancora non funziona è il tasso di partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Anche su questo numerosi enti internazionali si sono più volte espressi, dall’Ocse al Fmi: più donne al lavoro vorrebbe dire più ricchezza per il Paese.