Startup, piattaforme e digitale Le grandi famiglie investono
Fenomeno in crescita, grazie agli alti rendimenti attesi e allo sconto fiscale
Nelle startup innovative stanno entrando i soldi di famose (e facoltose) famiglie italiane. Ammonta finora a 38 milioni di euro il totale dei finanziamenti erogati a siti internet, piattaforme o giovani imprese hi-tech, secondo l’osservatorio Fundingsmes guidato dal ricercatore Luca Scali. Che spiega: «Ci sono diverse modalità di intervento come il finanziamento diretto alla startup, la sottoscrizione di aumenti di capitale oppure la partecipazione attraverso family office o fondazioni di famiglia, o ancora con veicoli di investimento finanziari».
A muoversi per primi sono, in genere, i figli dei capostipite. I fratelli Barbara, Eleonora e Luigi Berlusconi che avevano investito 6,37 milioni di euro nel comparatore di prezzi Facile.it, attraverso la Holding Italiana Quattordicesima, hanno già ottenuto un capital gain (14 milioni) dalla vendita a un fondo inglese. Più recenti le scommesse in siti di e-commerce come Privategriffe (abbigliamento di seconda mano, 2,7 milioni) o Deporvillage (sport, 5,2 milioni). Molto attiva soprattutto nel Regno Unito è la famiglia Moratti tramite il fondo AngelLab. In campo anche Renzo Rosso e il figlio Stefano che attraverso il family office Red Circle hanno staccato assegni da un milione per Estrima ( veicoli elettrici a quattro ruote), Depop (bancarella di vendita su smartphone) mentre non è noto l’impegno in Fubles il social per organizzare partite di calcetto. Lo scorso agosto Carlo De Benedetti ha finanziato con 1,8 milioni di dollari Little Heroes Technologies, startup con sede a San Francisco ma fondata dal padovano Paolo Debellini che vuole lanciare pupazzetti intelligenti per giochi interattivi da bambini. Sono attive nel settore le famiglie Costa (ex Costa Crociere), Doris, Falck, Guzzini.
Dunque, tutti pazzi per il digitale? Alla base di questa tendenza, ci sono in realtà motivi economici. A partire dalla grande liquidità in circolazione e dalla ricerca di asset class più remunerative della Borsa o dei titoli di Stato. «L’ambizione è arrivare almeno al 20% di rendimento. Non va dimenticato il vantaggio fiscale», sottolinea Luigi Capello, ad di LVenture, il fondo quotato a Piazza Affari, «grazie a un credito d’imposta del 19%». Che riduce le tasse da pagare: su un investimento da 100 mila euro, lo sconto fiscale è di 19 mila. Il meccanismo funziona e c’è chi vorrebbe un’aliquota più alta: nel Regno Unito è al 50%. «Ma attenzione alla bolla speculativa», avverte Capello, « nella City l’investimento equivale a due miliardi di euro l’anno, in Italia a cento milioni». Gli esperti avvertono: questo comparto rimane ad alto rischio di fallimento (delle startup). Una strada virtuosa la percorre il torinese Club degli Investitori: imprenditori e top manager che si riuniscono una volta al mese per ascoltare le proposte degli startupper. «Ciascun socio decide quanto puntare, a partire da 10 mila euro», spiega il presidente Giancarlo Rocchietti, «l’idea è diversificare i portafogli. Poi seguiamo i giovani nell’execution dei loro progetti».
Nel portafoglio Capello: «Così è possibile diversificare. Ma bisogna stare attenti al rischio bolla»