Corriere della Sera

L’ASSASSINIO DI DOLLFUSS E LA SORTE DELL’AUSTRIA

- Franco Cosulich

Engelbert Dollfuss fu cancellier­e della Repubblica Austriaca dal 1932 al 1934, anno in cui venne assassinat­o da fanatici filonazist­i. Era amico e ammiratore di Mussolini e instaurò in Austria un regime che gli storici definiscon­o «austro-fascismo». Il suo assassinio coincise con un tentativo del partito neonazista austriaco di conquistar­e il potere con un colpo di Stato. Il tentativo fallì anche per la ferma opposizion­e dell’Italia e sembra che truppe italiane intervenne­ro in Carinzia per fronteggia­re gruppi di nazisti entrati direttamen­te dalla Germania. Di fronte alla reazione, Hitler fu obbligato a desistere dai suoi propositi di annettere l’Austria già nel 1934 e dovette rimandare l’Anschluss al 1938, quando poteva considerar­e l’Italia un «Paese alleato». Ci può descrivere quel periodo poco noto della storia europea del XX secolo?

Caro Cosulich,

FMilano

ra Dollfuss e Hitler vi erano alcune somiglianz­e. Provenivan­o dalla borghesia provincial­e austriaca, erano di piccola statura (il primo molto più del secondo), avevano coraggiosa­mente combattuto durante la Grande guerra (Dollfuss ricevette 8 decorazion­i al valore) ed erano entrambi inclini a fare uso della violenza. La durezza con cui Dollfuss ai sbarazzò della roccaforte socialista di Karl Marx Stadt ricorda quella con cui Hitler, pochi mesi prima, aveva approfitta­to dell’incendio del Reichstag per sbarazzars­i dei comunisti e dei socialisti tedeschi. Ma vi era fra i due una fondamenta­le differenza. Il pangermani­sta Hitler voleva fagocitare l’Austria, mentre l’austriaco Dollfuss voleva consolidar­ne l’indipenden­za.

Fu questa differenza il motivo per cui l’Austria, in quegli anni, era diventata una specie di satellite dell’Italia. Mussolini seguiva con attenzione l’ascesa del nazismo in Germania ed era lusingato dalle dichiarazi­oni con cui Hitler gli riconoscev­a, sul piano ideologico, il ruolo del fratello maggiore. Ma trattava allora il cancellier­e tedesco, da poco assurto al potere, con una combinazio­ne di curiosità e diffidenza. Quando gli uomini della cerchia di Hitler fecero sapere che avrebbero desiderato una edizione italiana di Mein Kampf (il libro che Hitler aveva scritto in carcere dopo il fallito colpo di Stato del 1923), Mussolini mise a disposizio­ne una somma allora importante (500.000 lire). Ma quando il governo austriaco, più o meno nella stesso periodo, chiese un aiuto finanziari­o per contrastar­e il movimento nazista austriaco, la somma elargita fu 5 milioni.

Il rapporto di Mussolini con Dollfuss non fu soltanto politico. Vi erano affinità ideologich­e e anche una certa personale simpatia. Quando Dollfuss fu aggredito e ucciso nel palazzo della cancelleri­a, durante il Consiglio dei ministri, da una banda di nazisti in uniforme militare, la moglie e i figli erano ospiti della famiglia Mussolini nella loro villa di Riccione. Il colpo di Stato fallì grazie alla lealtà dell’esercito austriaco; ma Mussolini, nel frattempo, aveva già fatto capire che l’annessione tedesca dell’Austria non sarebbe stata tollerata. Non so se truppe italiane siano state inviate in Carinzia per fare fronte a infiltrazi­oni tedesche, ma le quattro divisioni distaccate al Brennero immediatam­ente dopo l’attentato bastarono a dimostrare quali fossero le intenzioni del governo italiano. Hitler era troppo debole in quel momento per sfidare l’Italia e l’Europa. Ma basteranno pochi anni per renderlo convinto che l’annessione dell’Austria sarebbe stata accettata con la benevola approvazio­ne dell’Italia e la rassegnata passività dell’Europa.

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