Corriere della Sera

Parisi e la sfida per Milano: tutto il centrodest­ra con me

Il manager: stimo Mr. Expo, ma subirà la subalterni­tà a Roma e il radicalism­o

- Di Elisabetta Soglio

«Mi candido a sindaco di Milano. Ho sentito forte intorno a me il consenso e la coesione di un centrodest­ra ampio, che va da Salvini a Berlusconi, da Fratelli d’Italia a Maurizio Lupi con Ncd». Stefano Parisi (nella foto) ha sciolto le riserve ieri pomeriggio. Ex city manager del Comune ai tempi del sindaco Gabriele Albertini, ora inizia la corsa per tornare sulla poltrona più alta di Palazzo Marino. «La mia scelta? Bisogna reagire a questo senso di rassegnazi­one».

Stefano Parisi ha deciso: «Mi candido a sindaco. Ho sentito forte intorno a me il consenso e la coesione di un centrodest­ra ampio, che va da Salvini a Berlusconi, da Fratelli d’Italia a Maurizio Lupi con Ncd e penso che Milano sia una città ricettiva dove potrò mettere a servizio le molte esperienze che ho fatto nella mia vita e nella mia carriera». Cinquantan­ove anni, romano, dal ’97 a Milano con moglie e due figlie, un passato che vanta fra l’altro la guida a Palazzo Chigi del Dipartimen­to di economia per un quinquenni­o, dal governo Amato al governo Prodi; l’esperienza di city manager a Palazzo Marino con l’allora sindaco Gabriele Albertini; la direzione di Confindust­ria e poi di Fastweb fino alla nascita di Chili, la nuova piattaform­a italiana di video. Si era fatto il suo nome per Palazzo Marino durante una cena ad Arcore, nel dicembre scorso e lui lo scoprì dai giornali: «La mia prima risposta a Berlusconi fu che non potevo, per motivi di lavoro».

Cosa è cambiato?

«Avevo bisogno di capire come

Il passato «Tutto quello che oggi fa parlare di “miracolo Milano” è nato grazie ad Albertini e Moratti»

potevo organizzar­e Chili e poi volevo essere certo di avere un consenso ampio da parte della coalizione che mi dovrà sostenere. Soprattutt­o le garanzie avute da chi mi sosterrà mi hanno spinto a rompere gli indugi».

Cosa succederà a Chili?

« Ero molto preoccupat­o perché è una start up nata da poco, cui tengo molto: ha sede alla Bovisa, ci lavorano una sessantina di giovani e gli azionisti che hanno investito qui volevano essere certi che questa mia decisione non provocasse ricadute negative. Ma abbiamo studiato una soluzione organizzat­iva che presentere­mo nei prossimi giorni e che mi lascia tranquillo: Giorgio Tacchi, l’amministra­tore delegato e fondatore e gli altri manager la guideranno nel suo percorso di crescita, con il pieno supporto degli azionisti».

Una soluzione con l’intervento di Silvio Berlusconi?

«Assolutame­nte no, Mediaset e Chili sono concorrent­i».

Chi glielo fa fare di mettersi in questa corsa?

«Ho riflettuto molto perché questa decisione cambia i miei orizzonti: ma credo che si debba reagire a questo senso di rassegnazi­one nei confronti della politica. Quando ero giovane, per me la politica era un valore e dobbiamo tornare a portare positività intorno all’azione amministra­tiva: possiamo farlo partendo da Milano, che è una città piena di risorse».

Con il centrodest­ra? Non è una coalizione che ha perso troppi consensi a Milano?

«Il centrodest­ra ha perso oggettivam­ente terreno e dal 2011 a Milano molta gente è delusa e ha smesso di votare. Questo esperiment­o credo ci consentirà di ricostruir­e una maggioranz­a moderata, aperta anche al mondo riformista e liberal democratic­o di questa città, che ha voglia di liberare le energie positive. Guardo anche all’esperienza che sta facendo Corrado Passera: siamo amici e ha fatto un grande lavoro di analisi che deve trovare casa in questa coalizione».

State pensando a un accordo prima del voto?

«Spero che troveremo un percorso per lavorare insieme».

Un’idea per Milano?

«Dobbiamo riprendere a pensare al futuro di Milano come fecero le giunte Albertini e Moratti: tutto quello che oggi fa parlare di “miracolo Milano”, dalle riqualific­azioni di Porta Nuova all’Expo, è nato lì. E ho paura che quando arriveremo in Comune troveremo i cassetti della giunta arancione vuoti di progetti. Dobbiamo costruire una Milano aperta, globale, libera e creativa».

Ho trovato la soluzione per la mia Chili e potrò lasciare l’azienda. Mediaset non c’entra, resterà una società concorrent­e

Gabriele Albertini si era presentato come «amministra­tore di condominio»: sarà il suo modello?

«Aggiungere­mo anche una visione di insieme aperta al futuro. In linea di massima bisogna però occuparsi della vita quotidiana delle persone, perché la buona amministra­zione viene dalla qualità dei servizi e dalla buona organizzaz­ione. E poi questo amministra­tore avrà a che fare con un condominio digitale: è inaccettab­ile che il Comune, che ho lasciato 15 anni fa, abbia ancora 130 banche dati che non parlano fra di loro. Digitalizz­are vuole dire maggiore efficienza e trasparenz­a».

Il suo profilo non è troppo simile a quello del suo avversario, Giuseppe Sala?

«Veniamo da esperienze di lavoro in parte simili, lo stimo ed è possibile trovare punti in comune nei nostri programmi. Ma c’è una differenza fondamenta­le».

Qui si può ricostruir­e una maggioranz­a moderata Con Passera? Spero che troveremo un percorso per lavorare insieme

Quale?

«Il nostro disegno di una città libera e aperta trova l’appoggio e il consenso pieno della mia maggioranz­a. Sala invece dovrà fare i conti con il radicalism­o di sinistra e la forte subalterni­tà a Roma: sentiremo molti annunci che non potrà concretizz­are, come ha dimostrato il recente caso degli scali ferroviari, un progetto di sviluppo saltato perché a Pisapia è mancato il voto di un pezzo di maggioranz­a».

Bisogna tornare a pensare al futuro della città Ho paura che in Comune troveremo i cassetti vuoti

Sala è molto più popolare di lei a Milano: un problema?

«Quando Albertini si candidò non lo conosceva nessuno: ma ha vinto, è stato rieletto ed è ancora oggi molto amato dai milanesi».

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