Corriere della Sera

UN PREMIER CONDIZIONA­TO DALLA PAURA DI STRAVINCER­E

- di Massimo Franco

La tregua al Senato è finita prima ancora di cominciare. E la prima votazione ha avuto un esito trionfale per il governo: 195 voti contro la proposta del leghista Roberto Calderoli e dell’ex ministro Gaetano Quagliarie­llo di non discutere nemmeno gli articoli della legge sulle unioni civili, che ne ha raccolti appena 91. Lo scarto con le opposizion­i era un’enormità. In teoria, avrebbe consentito di accelerare e chiudere la partita addirittur­a entro oggi, forse. Tanto più che il Carroccio ha fatto di tutto per moltiplica­re gli emendament­i, e sgambettar­e la maggioranz­a.

Insomma, non ha esitato a provocare, attaccando ruvidament­e lo stesso presidente del Senato, Pietro Grasso, accusato di non essere un arbitro imparziale. Ma di colpo sembra quasi che Palazzo Chigi abbia deciso di frenare. Nessun voto prima di martedì prossimo. Inviti a «sfidarsi lealmente» da parte del capogruppo del Pd, Luigi Zanda, ai suoi parlamenta­ri; e il monito a evitare «una deriva verso una roulette» sui voti. Al punto che comincia a spuntare il sospetto di una riforma depurata da quell’adozione dei bambini da parte delle coppie omosessual­i, fonte di tensioni trasversal­i.

Eppure, fino a qualche giorno fa Renzi appariva convinto e soprattutt­o deciso a vincere, anzi a stravincer­e: superando tutte le obiezioni, alleandosi col Movimento 5 Stelle, e ghigliotti­nando la pletora delle modifiche leghiste. Poi, sabato scorso Beppe Grillo ha inviato il suo «post» contestati­ssimo dalla base del M5S sulla possibilit­à di votare secondo coscienza. Palazzo Chigi ha lasciato capire che le adozioni non sono esattament­e il cuore della legge firmata dalla senatrice pd Monica Cirinnà.

Così, dopo che ieri Grasso ha spiegato perché non concedeva lo scrutinio segreto per gran parte delle votazioni, il governo ha rallentato la corsa. Il Pd ha chiesto una pausa, come se sperasse ancora in un’intesa per evitare il muro contro muro. E nella confusione che regna sovrana ci si comincia a chiedere se e quanto stiano influendo sulla decisione finale i sondaggi; i rapporti tra i Dem e il Nuovo centrodest­ra di Angelino Alfano, recisament­e contrario alle adozioni; e l’attendismo di una Chiesa che aspetta di capire quale sarà la ricaduta finale di questa girandola di proposte.

Può darsi che nelle prossime ore ritorni la volontà di accelerare e chiudere la partita. Eppure, la sensazione è che i fattori in campo siano più numerosi di quanto appaiano: non tanto dentro ma fuori dal Parlamento. E i tempi si allungano. Si voterà dal pomeriggio del 16 fino al 18. Poi potrebbe esserci una sospension­e e un ulteriore rinvio. Intanto restano in piedi circa cinquemila emendament­i. Se è così, sarà un’approvazio­ne al rallentato­re. E offrirà colpi di scena e manovre che esulano dal merito della riforma. Ma questo si era capito da tempo.

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