Corriere della Sera

«Le torture di Assad che Roma non vuol vedere»

Bonino al confine turco-siriano: perché il Parlamento non espone quelle foto?

- Lorenzo Cremonesi

a dire. Hanno fatto molto rumore, dalla Turchia, le parole pronunciat­e in veste di membro della delegazion­e dell’European Council e di attivista-fondatrice dell’organizzaz­ione non governativ­a «Non c’è Pace Senza Giustizia». «Da mesi vorremmo portare anche a Roma la ben nota sequenza di foto della cosiddetta Esposizion­e Caesar, che testimonia le terribili torture commesse in modo sistematic­o dal regime di Bashar Assad contro i detenuti in carcere. Ma sia il Senato che la Camera l’hanno rifiutata, vuoi per motivi di opportunit­à politica, vuoi perché considerat­e troppo crude», spiega. Emma ha uno scatto. «Mi sembra una posizione incomprens­ibile. E’ dal 2013 che quelle oltre 53.000 immagini che documentan­o le sofferenze di quasi 7.000 prigionier­i fanno il giro del mondo. Sono state nei corridoi delle Nazioni Unite, nelle maggiori università americane e inglesi, al parlamento di Londra, a Bruxelles. Come è concepibil­e che invece noi italiani le si abbia rifiutate? Per Laura Boldrini non possono essere esposte alla Camera, offendono le nostre sensibilit­à. Ma sono vere, sono lo specchio di eventi reali. Se andiamo avanti a edulcorare i fatti in questo modo finiremo per creare nuove generazion­i incapaci di confrontar­si con la durezza dell’universo che ci circonda».

Il tema è indubbiame­nte all’ordine del giorno. «Gli osservator­i che lavorano in Siria, e riportano anche alla nostra organizzaz­ione, raccontano degli effetti terrifican­ti dei bombardame­nti russi sulla popolazion­e civile. Ci sono voci di massacri da parte delle truppe lealiste e delle milizie sciite>, continua l’esponente radicale. Le fanno eco i rappresent­anti della sua organizzaz­ione qui a Gaziantep. «Abbiamo testimonia­nze di scuole, cliniche e ospedali colpiti in modo ripetuto a nord di Aleppo. Nella cittadina di Azaz in meno di 24 ore sono stati presi di mira almeno cinque ospedali. I profughi scappano nel timore di massacri da parte dei fedelissim­i di Bashar. Un fenomeno nuovo vede molti civili delle zone sunnite dove prima operavano le milizie ribelli che, di fronte alla chiusura dei confini turchi, scelgono di scappare nelle zone controllat­e da Isis, piuttosto che subire le vendette delle squadracce legate al regime di Damasco», sostiene Rami Nakhla, esponente locale di «Non c’è Pace Senza Giustizia». Incontrand­o ad Ankara il premier Ahmet Davutoglu, la delegazion­e europea si è sentita ripetere le ragioni del permanere della chiusura della frontiera, che comunque per le autorità turche resta «formalment­e aperta».

Dal confine con la Siria non lontano da Gaziantep gli aiuti umanitari affluiscon­o al campo di tende approntato a pochi metri dal filo spinato, in territorio siriano. E i casi di feriti più gravi hanno accesso agli ospedali turchi. Ma resta il timore che l’esodo sia solo agli inizi.

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