Corriere della Sera

Ecco perché chi non calcola oggi è perduto

- Di Paolo Giordano

L’abilità matematica non è la misura dell’intelligen­za di una persona, non di quella globale almeno. È tutt’al più la misura di un certo tipo di adattabili­tà al mondo esterno, un’adattabili­tà che oggi, ci piaccia o meno, è diventata cruciale. Una padronanza scarsa degli strumenti rudimental­i del calcolo costituisc­e uno svantaggio più grave che in epoche passate, espone al rischio di essere raggirati in modi impensabil­i dalla grande complessit­à nella quale siamo immersi. L’Ocse si compliment­a tiepidamen­te con l’Italia. Siamo fra i Paesi che hanno diminuito la percentual­e di «studenti a basso profitto» nell’intervallo tra 2003 e 2012, ma restiamo sopra la media generale, e nei guai se si consideran­o soltanto i Paesi europei con i quali siamo abituati a confrontar­ci. I quesiti dei test Pisa sondano un livello minimo che ogni quindicenn­e «scolarizza­to» dovrebbe possedere, ma non parlano davvero dei ragazzi, della loro predisposi­zione alla matematica e alle altre discipline, quanto piuttosto del sistema nel quale questi ragazzi vengono educati. Può sembrare una precisazio­ne ovvia, eppure non è raro sentir attribuire agli studenti, a una qualche loro misteriosa natura deviata, gli squilibri della nostra organizzaz­ione. Quasi ogni grafico nel rapporto Ocse stimola una domanda interessan­te e, talvolta, indica la strada per un possibile migliorame­nto. Alcuni esempi: 1) avere subito una bocciatura influisce in maniera nefasta sulla probabilit­à di diventare uno studente a basso profitto (il paradigma bocciare-per-correggere andrebbe rivisto?); 2) la pressione delle famiglie sui ragazzi è più determinan­te in Italia che nella maggioranz­a degli altri Paesi (la scuola non è più in grado di costruire da sé gli elementi di motivazion­e necessari?); 3) gli studenti a basso profitto sono quasi unanimi nel denunciare che i loro sforzi in matematica, spesso paragonabi­li a quelli dei «più bravi», non si traducono in un rendimento proporzion­ale (la matematica è insegnata male? C’è chi lo sostiene da anni e ha proposto tecniche nuove, ma poco, quasi nulla è cambiato. In Italia l’immutabili­tà dei programmi ministeria­li è un dogma fra i più severi). Ciò che è certo è che in Italia il divorzio di troppi allievi con la matematica, così come con la lettura, avviene in età molto precoce, ben prima dei 15 anni. La matematica diviene sinonimo di frustrazio­ne e inadeguate­zza, per sempre. Ora che la «buona scuola» è fatta (è fatta?) sarebbe il momento di stampare i grafici dell’Ocse, di domandare a qualche statistico di decrittarl­i per noi e di meditare su come eliminare qualche altro punto percentual­e in tempo per la prossima rilevazion­e.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy