L’UNIONE EUROPEA VA DIFESA ANCHE DALLE TROPPE REGOLE
Non c’è cosa più osteggiata dall’opinione pubblica dell’Europa. Eppure l’Unione ci ha regalato il più lungo periodo di pace della nostra storia recente e questo conta di più delle norme che talvolta paiono assurde se non controproducenti rispetto alla loro finalità. Anche così si spiegano i tanti mal di pancia nei Paesi che di fatto ripudiano lo spirito del Trattato di Roma: lo stare insieme non ha ancora prodotto i risultati sperati. Per evitare l’inevitabile conclusione del progetto comunitario, bisogna ripartire da poche cose da fare. 1)No a Ue a doppia velocità. L’integrazione economica è retta da Trattati e Regolamenti. Tra gli altri, il Fiscal Compact e il Six Pack, che condizionano la possibilità di indebitamento dei Paesi dell’eurozona.
A questi si aggiunge l’Unione bancaria, che poggia su tre gambe: la Vigilanza centralizzata (attuata), il Meccanismo di risoluzione delle crisi creditizie (il bail in, attuato ma a livello disomogeneo nell’Ue, come teme lo stesso Mario Draghi) e la Tutela centralizzata dei depositi.
Berlino e la Bundesbank sono contrari alla tutela dei depositi unica fin quando non verranno messi paletti al debito pubblico dei Paesi e all’acquisto dei bond sovrani, eliminando la clausola del risk free, che di fatto ci permette di vendere alle banche buona parte di Bot e Btp. Ma ridurre i rischi senza condivisione del debito, senza un Tesoro europeo che emetta eurobond e senza tutela unica dei conti correnti, significa creare un euro di fascia A e un euro di fascia B. Sono invece molte le cose da migliorare.
In occasione dei 60 anni dal Trattato di Roma, sarebbe auspicabile una grande Conferenza che stabilisca la redazione di una Costituzione Europea, il rafforzamento dei poteri del Parlamento europeo e l’elezione diretta del Presidente della Commissione, magari passando anche dalle primarie come proposto dal premier Matteo Renzi.
2)Una Bretton Woods sul debito. Il 3% di rapporto deficit-Pil e il 60% del tetto debitoPil sono ormai anti-storici. Il primo vincolo, violato più volte da Francia e Germania all’inizio del Millennio, ha dovuto trovare la foglia di fico della «flessibilità» concessa dall’Ue legata alle emergenze (la crisi, i migranti, le spese anti-terrorismo) per essere di fatto sospeso, salvo i diktat improvvisi di Bruxelles sulle leggi finanziarie nazionali. Il secondo è bypassato pressoché da tutti, ma ingabbiato proprio nelle maglie del Fiscal Compact che blocca ogni politica economica di ampio respiro. Servirebbe una Bretton Woods europea sul debito, che stabilisca una volta per tutte quali tra le diavolerie contabili sul deficit siano davvero fondamentali per la stabilità dell’eurozona.
3)No Schengen no euro. Senza Schengen l’euro non ha senso. Confermare a oltranza la sospensione del Trattato sulla libera circolazione degli individui garantirebbe la sopravvivenza della moneta unica ma non i diritti delle persone. Anche perché il caos generatosi dalla combinazione del flusso degli immigrati con la paura di nuovi attacchi terroristici di matrice Isis ha messo a nudo la mancanza di un’anima politica dell’Unione Europea. Chi ha più soldi, meglio si difende.
In alternativa, erige barriere. L’Italia in questo senso può andare a testa alta, grazie al suo spirito solidale e all’opera della sua Guardia Costiera. Ma certo non basta. Servono pochi e ben protetti approdi, una Ellis Island europea, che superi ogni ostracismo nazionale.
In conclusione, l’Unione ha senso se dimostra di saper costruire un sogno e non una gabbia di procedure.